Abusi su minori nella Chiesa, tra Bolzano e Bressanone sono 67 i casi accertati: cosa sta succedendo

Da quanto emerso, coloro che hanno messo in atto gli abusi hanno un'età compresa tra i 28 e i 35 anni, mentre le piccole vittime avevano tra gli 8 e i 14 anni. I dati sono stati raccolti da due studi legali, incaricati dal vescovo di venire a capo del reale numero di vittime che negli ultimi decenni hanno subito abusi sessuali all'interno della diocesi

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In una conferenza stampa tenutasi questa mattina è stato confermato che tra il 1963 e il 2023 i casi accertati di abusi sessuali compiuti all’interno della diocesi di Bolzano e Bressanone sono stati 67. Da quanto emerso, coloro che hanno messo in atto gli abusi hanno un’età compresa tra i 28 e i 35 anni, mentre le piccole vittime avevano tra gli 8 e i 14 anni. Inoltre, il 50% di queste ultime erano delle ragazze. Un numero impressionante che potrebbe però nascondere dati ancora più inquietanti. Il lavoro degli studi legali Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco di Baviera e di Kofler Baumgartner Kirchler di Brunico prosegue, per cercare di dare giustizia ma anche speranza alle piccole vittime di questi reati orrendi.

Dal 2022, infatti, i due studi sono concentrati su questo specifico argomento, come da loro richiesto dal vescovo di Bolzano e Bressanone, Ivo Muser, primo in Italia a decidere di dare avvio ad una operazione di questo genere. L’iniziativa è sostenuta dall’Istituto di antropologia dell’Università Gregoriana di Roma, che da tempo è impegnato su questi temi e che ha aiutato i due studi legali a prendere visione dell’immensa mole di materiale presente all’interno degli archivi della diocesi.

Abusi su minori, i motivi dietro la scelta della diocesi

Il vescovo Ivo Muser ha deciso di dare avvio a questa indagine sull’impronta di quanto già messo in atto all’estero. Come ha spiegato ad AltoAdige.it il referente diocesano del servizio prevenzione abusi e tutela dei minori, Gottfried Ugolini, in Germania sono già state messe in atto diverse elaborazioni al fine di analizzare gli aspetti giuristici e canonistici degli abusi. In Italia, invece, l’approccio è diverso perché si vuole trovare un quadro che aiuti a prevenire questi abusi e creare quindi diocesi che siano più sicure.

Noi vorremmo attuare piuttosto un processo di trasformazione, vero“, ha infatti spiegato Ugolini, che ha sottolineato che questa indagine serve anche a comprendere in che modo hanno reagito la parrocchia e la comunità. In alcuni casi, ad esempio, si è fatto finta di nulla pur essendo a conoscenza di quanto stesse accadendo, in altri invece è stato messo in atto il processo corretto che però poi ha trovato il muro delle famiglie, che non hanno voluto proseguire il percorso.

Per chi si chiede come mai questi dati siano stati analizzati proprio in Alto Adige, Ugolini spiega che i fattori sono molteplici. Innanzitutto la vicinanza con la Germania e poi la maggiore sensibilità, perché tali questioni hanno sempre attirato una certa attenzione mediatica, che ha quindi portato alla costruzione di un ambiente in cui le vittime potessero sentirsi al sicuro. Poi, c’è un terzo fattore, ovvero la maggiore aggressività della popolazione altoatesina su questo tema.

Il referente della diocesi ha chiarito che questa indagine potrebbe essere solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più grande. Il dubbio e il timore maggiore, infatti, riguarda la possibilità che il numero degli abusi verificatesi in questi decenni sia ben maggiore rispetto a quanto finora emerso. “Se tali questioni riguardando il parroco, il maestro, il commerciante conosciuto da tutti, risulta più difficile venirne a capo“, ha infatti spiegato Ugolini, sottolineando come negli ultimi anni, però, la diocesi abbia ottenuto la fiducia della popolazione proprio grazie a questa operazione che ha messo in piedi.

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