A qualche ora dalla liberazione dei primi tre ostaggi israeliani nell’ambito della tregua a Gaza, due pullman carichi di detenuti palestinesi hanno lasciato la prigione di Ofer, in Cisgiordania, scortati dalle truppe degli Idf. A bordo dei due mezzi pesanti, che hanno attraversato strade circondate da persone in festa, che applaudivano la rinnovata libertà dei loro concittadini e l’inizio di una tregua che potrebbe però finire in ogni momento, si trovavano 90 detenuti palestinesi.
Questi erano stati tutti arrestati dallo Stato ebraico, e rilasciati in cambio delle tre donne che ieri sono tornate a casa dopo 471 giorni di prigionia. Novanta detenuti che si trovavano nelle carceri israeliane dal 2020, qualcuno da un po’ meno, e rispediti nelle loro città di origine. Un’operazione che, al contrario di quella condotta da Hamas, si è svolta in piena notte, intorno alle 2:30 ora locale, ma che è riuscita comunque ad attirare l’attenzione di chi ha voluto festeggiare questo enorme successo.
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“Sono molto felice! Grazie a Dio sono fuori. Mi hanno trattato molto male in prigione. È stato orribile“, sono queste le parole che Shatha Jarabaa, blogger 24enne arrestata per aver criticato sui social la rappresaglia di Israele contro la Palestina, ha pronunciato ai microfoni del Guardian, portando alla luce le condizioni di una detenzione che potrebbe non aver affatto rispettato i diritti umani. L’ombra delle violenze in carcere emerge anche dalle parole del 18enne, Ahmas Khsha, che ha sostenuto che siano state torturate e maltrattate diverse donne e che, poco prima della liberazione, sono stati lanciati gas lacrimogeni nelle celle.
Tregua a Gaza, chi sono i detenuti liberati da Israele
I 90 detenuti palestinesi rilasciati nella notte sono stati definiti da Israele dei “terroristi” che a causa della tregua hanno potuto ottenere la libertà. Tra questi si contano 69 donne e 21 adolescenti maschi, tutti provenienti dalla Cisgiordania o dall’area di Gerusalemme Est. Il più giovane prigioniero si chiama Mahmoud Aliowat, ha 15 anni e si trovava in carcere con l’accusa di aver condotto un attacco a Gerusalemme nel 2023.
Secondo la lista rilasciata dal ministero della Giustizia, 66 detenuti sono stati arrestati nell’ultimo anno e i restanti nel 2020. Di questi, cinque sono sospettati di tentato omicidio, tre di omicidio e sette di aggressione, mentre dieci sono stati già condannati, 31 sono detenuti senza processo e 51 sono in attesa di giudizio. Tra i liberati, poi, figurano anche personaggi di spicco della storia della Palestina, che si sono battuti affinché l’indipendenza e la sicurezza divenissero parole chiave nella Striscia di Gaza.
L’attivista Khalida Jarrar, leader palestinese del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), è tornata a Ramallah dopo più di un anno di detenzione senza processo. “Stiamo vivendo questa doppia sensazione, da un lato, questa sensazione di libertà, per la quale ringraziamo tutti, e dall’altro, questo dolore, per la perdita di così tanti martiri palestinesi“, ha dichiarato la 62enne ad Associated Press, subito dopo la sua liberazione. Figura degna di nota anche Bushra al-Tawil, una giornalista palestinese incarcerata in Israele nel marzo 2024.
Il ritorno degli aiuti umanitari a Gaza
Intanto da ieri, 630 di camion carichi di aiuti umanitari si stanno dirigendo verso la Striscia di Gaza per portare sollievo ad una popolazione ormai stremata da 15 mesi di guerra. Tra le macerie e la polvere, banchi di frutta e verdura hanno iniziato a riempire il territorio, apparendo come un vero e proprio segno di speranza alla popolazione. “Dopo 15 mesi di guerra incessante, le esigenze umanitarie sono sconvolgenti“, ha affermato il capo degli aiuti umanitari dell’Onu, Tom Fletcher, sottolineando come l’entrata dei camion debba essere sempre garantita.
Tra i beni di prima necessità alcuni sono già scaduti, a causa della lunga attesa a cui vengono sottoposti i camion, provocando ingenti perdite economiche ma soprattutto condannando i palestinesi ad ottenere meno cibo. Inoltre, come sottolineato da Rosalia Bollen, portavoce dell’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), molti degli aiuti che servono ai bambini palestinesi non possono essere trasportati su un camion. “Ogni singolo bambino di Gaza oggi è profondamente, profondamente segnato e traumatizzato da ciò a cui ha assistito“, ha dichiarato la portavoce, ricordando a tutti come milioni di bambini siano stati costretti a vivere una guerra atroce nella loro quotidianità.
Il parroco della Sacra Famiglia, padre Gabriel Romanelli, ha raccontato che l’immensa differenza tra i giorni precedenti e l’inizio della guerra è proprio il silenzio assordante che sembra aver invaso la Striscia di Gaza. “Non c’era alcun rumore di spari, armi e non c’erano nemmeno droni“, ha dichiarato il parroco, sottolineando però come proprio questo silenzia induca tutti alla meditazione, al ricordo di quanto accaduto e alle atrocità vissute.
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