Parità occupazionale, Italia ancora lontana: di questo passo ci vorranno ancora 29 anni

Parità di genere: l'occupazione femminile raggiungerà i livelli di quella maschile fra 29 anni. Il rapporto presentato alla Camera

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L’Italia arranca sulla parità di genere: secondo i dati emersi dal Rapporto sullo stato dei diritti della onlus A buon diritto di Luigi Manconi, ci vorranno almeno altri 29 anni affinché l’occupazione femminile raggiunga gli standard di quella maschile.

L’indagine è stata portata avanti col sostegno della Chiesa Valdese ed è stata presentata alla Camera con gli interventi del leader di SI Nicola Fratoianni e del segretario di +Europa Ricardo Magi e delle deputate Dem Cecilia d’Elia e Rachele Scarpa, e ha reso noti dei dati molto significativi.

Alla fine del 2023 gli uomini occupati erano circa 13 milioni e seicentomila per un tasso di attività del 70,7%. Le donne invece erano circa 10 milioni e settanta mila per un tasso di attività del 53%. Nei dieci anni considerati l’occupazione femminile è cresciuta in misura leggermente maggiore rispetto a quella dagli uomini (+9,7% vs. 8,8%); con questo ritmo però ci vorrebbero quasi 29 anni per raggiungere la stessa proporzione di uomini e donne occupate“. Un trend in positivo dunque, ma che procede troppo lentamente per poter ottenere risultati apprezzabili in tempi brevi.

Parità occupazionale e gender pay gap, il posizionamento dell’Italia

I dati del rapporto della onlus andrebbero letti anche in relazione a un altro aspetto rilevante delle disuguaglianze di genere sul piano economico, il cosiddetto gender pay gap. Secondo i dati del Global Gender Gap Index per il 2024, pubblicato dal World economic forum, l’Italia si colloca all’ 87° posto fra 146 Paesi: un posizionamento che non riflette un andamento positivo rispetto all’anno precedente, in cui ci eravamo collocati 79esimi.

Interessanti anche i dati Inps, che hanno segnalato in relazione all’anno 2023 che le retribuzioni medie settimanali lorde degli uomini sono state in media pari a 643 euro, superiori del 28,34% rispetto ai 501 euro medi percepiti dalle donne.

Le altre variabili critiche per i diritti: scuole e carceri

La situazione in Italia relativamente ai diritti va misurata anche in relazione ad altre importanti variabili, come l’istruzione, la povertà e il sistema carcerario, tutti elementi che il rapporto presentato alla Camera non manca di considerare. “In Italia il sistema dei diritti e delle garanzie è da sempre assai arretrato. Oltre due anni di governo Meloni lo hanno ulteriormente indebolito“, queste le considerazioni complessive di Manconi.

Nei vari dossier del documento l’attenzione viene portata anche sulle condizioni dei minori, segnalando un aumento delle famiglie al di sotto della soglia di povertà, nonché l’aumento delle situazioni di sovraffollamento nelle carceri minorili, che attualmente riguardano 7 istituti su 17.

Più in generale, secondo il rapporto, “nel 2023 si è registrato un aumento delle persone private di libertà nelle carceri italiane, nonostante una riduzione dei reati (-5,5% rispetto al 2022)“. Un dato che si deve “principalmente all’ampliamento delle fattispecie penali e l’inasprimento delle leggi“. Non manca, rispetto ai dati riportati, il riferimento al Ddl sicurezza, che secondo Magi concorre a determinare, assieme ad altri provvedimenti varati dal governo, una “sempre maggiore torsione panpenalistica” che ha l’obiettivo di “perseguire, non prevenire“.

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