Il contenzioso legale innescato da Vivendi nei confronti di Tim, ha visto oggi segnare un punto a favore dell’ex Telecom Italia.
Le ripercussioni legali messe in atto dalla società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni riguardavano la vendita della rete fissa NetCo del gruppo italiano delle telecomunicazioni, al fondo americano Kkr. Una transizione che il Consiglio di amministrazione del gruppo telefonico Tim aveva deciso di completare, insieme al ministero dell’Economia e il gestore indipendente di fondi infrastrutturali, F2i, senza però l’approvazione di un’assemblea straordinaria dei soci.
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Il Tribunale di Milano ha invece definito le domande di Vivendi “inammissibili per difetto di interesse ad agire e difetto di legittimazione ad agire“. I francesi, primo socio privato di Tim con il 23,75% di azioni, avevano avviato la partita legale proprio contro la modalità con cui il Cda di Tim aveva approvato la cessione di NetCo, senza quindi essere passati per un’assemblea.
La decisione dell’inammissibilità del ricorso è stata presa dalla Sezione XV del Tribunale civile specializzata in materia di impresa, sotto la firma del presidente del Tribunale Fabio Roia. La sentenza, stando a come comunicato in una nota congiunta, è stata depositata ieri.
Vivendi vs Tim: gli antefatti
La cessione al fondo di private equity si aggirava intorno ai 18,8 miliardi di euro, stabilendo l’aggiunta di altri 3 miliardi in seguito al raggiungimento di determinate condizioni.
E’ da qui che Vivendi aveva iniziato a storcere il naso. Infatti, insoddisfatta dell’accordo, il socio francese aveva cercato di contrastare la vendita proprio per motivi di valutazione: l’offerta iniziale era stata pattuita su 31 miliardi, quindi è risultato impossibile a Vivendi che venissero accettati solo 22 miliardi.
Il ricorso era partito il 7 novembre scorso con l’obiettivo di sospendere la transizione sulla base dell’articolo 2388 del Codice civile che regolamenta la validità delle delibere. A suo discolpa però, il Cda di Tim considerava la vendita un modo diretto per ridurre l’indebitamento dell’azienda di 14 miliardi di euro e di beneficiare così di una struttura di capitale più solida.
Ma, il percorso legale nei confronti di Tim, è stato intrapreso anche perchè con la decisone di evitare una riunione dei soci, secondo la società francese, il gruppo italiano avrebbe “privato ciascun socio del diritto di esprimere il proprio parere in assemblea, nonché del connesso diritto di recesso per i soci dissenzienti“. Quindi il ricorso avrebbe avuto l’obiettivo di “contestare la decisione e tutelare i suoi diritti e quelli di tutti gli azionisti“. Così, la mancata assemblea per l’azionista di Tim avrebbe reso la transizione invalida.
In tal senso, Pietro Labriola, Ad di Tim, aveva invece considerato la decisone di vendere NetCo a Kkr, un momento storico che avrebbe permesso di “dare il via alla nascita di due società con nuove prospettive di sviluppo“.
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