Difesa europea, Rutte chiede spese militari sopra al 2% ma Vannacci frena: “A cosa servirebbe”

Alla luce di ciò e delle alleanze del Cremlino con Cina, Corea del Nord e Iran, sembra sempre più necessario iniziare a spendere più del 2% del Pil, perché queste spese non sono affatto sufficienti per affrontare i pericoli che il futuro nasconde, almeno secondo il segretario della Nato

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Sono molto preoccupato per la situazione della sicurezza in Europa“, ha esordito così il segretario della Nato, Mark Rutte, nel corso della sua audizione in commissioni Affari esteri e Difesa al Parlamento europeo, evidenziando come al momento l’Ue si stia inserendo in una situazione ibrida in cui non regna la pace ma non è neanche scoppiata una guerra generale. A fronte di questa situazione, che potrebbe quindi rivelarsi piuttosto pericolosa, Rutte ritiene che sia necessario aumentare la spesa per la difesa militare che i membri dell’Alleanza Atlantica hanno intenzione di mettere in campo.

Gli alleati Nato dovranno spendere considerevolmente di più del 2% del Pil per la difesa“, ha spiegato il segretario, in parte allineandosi con quanto dichiarato nelle scorse settimane dal presidente eletto Donald Trump, che vorrebbe addirittura innalzare la spesa al 5% del Pil. Si tratta, in entrambi i casi, di uno scenario che metterebbe in estrema difficoltà l’Italia, che al momento non ha ancora raggiunto nemmeno l’obiettivo del 2%. In questo senso, quindi, è intervenuto nel dibattito anche l’eurodeputato della Lega, Roberto Vannacci, intenzionato a indagare le motivazione della richiesta dell’aumento di spesa.

Roberto Vannacci, eurodeputato della Lega
Roberto Vannacci, eurodeputato della Lega

Attualmente mi risulta che la Russia abbia speso nel 2024, con un’economia di guerra 140 miliardi di euro mentre l’Europa con un’economia di mercato ne ha spesi €314“, ha infatti sostenuto l’ex generale, chiarendo quindi che dal suo punto di vista l’aumento della spesa sarebbe superfluo. Secondo l’eurodeputato, infatti, l’Ue sarebbe già spendendo più del doppio della Russia, per cui non vi sarebbe bisogno di un ulteriore innalzamento dei tassi. “Se sono i russi che spende meno della metà allora quale è la necessità di innalzare così tanto la spesa militare?“, ha quindi chiesto il generale, spiegando che questa sarà la stessa domanda che ha intenzione di porre a Rutte.

Rutte: “L’industria della difesa europea è ancora troppo lenta

Il segretario della Nato ha quindi ricordato come in Europa continui ad imperversare la guerra tra Russia e Ucraina e come Mosca prosegua con la sua campagna di destabilizzazione contro i Paesi Ue, “con attacchi informatici, tentativi di assassinio, atti di sabotaggio e altro ancora“. Alla luce di ciò e delle alleanze del Cremlino con Cina, Corea del Nord e Iran, sembra sempre più necessario iniziare a spendere più del 2% del Pil, perché questo non è affatto sufficiente per affrontare i pericoli che il futuro nasconde.

Mark Rutte, Nato
Mark Rutte, Nato

Come parlamentari, sapete bene che la sicurezza non è gratis“, ha continuato il segretario, appellandosi quindi ai membri dell’Europarlamento affinché questi lottino a favore dell’aumento della spesa del Pil e per la sicurezza futura dell’Ue. Inoltre, il segretario ha voluto ricordare come al momento le industrie europee stiano facendo sforzi immensi per rispondere alla domanda sempre in aumento di materiali, eppure solo questo non basta. “La nostra industria è ancora troppo piccola, troppo frammentata e, a essere onesti, troppo lenta“, ha tuonato Rutte, sottolineando come comunque sia positivo il programma europeo per l’industria della difesa (Edip), con cui l’Ue sta tentando di rafforzare la propria base industriale.

Un grande balzo in avanti sarebbe però garantito dall’eliminazione delle “barriere tra alleati“, che non farebbero altro che far innalzare i costi, complicare la produzione e ostacolare l’innovazione. “Coinvolgere alleati non appartenenti all’Ue negli sforzi industriali della difesa europea è, a mio avviso, vitale per la sicurezza dell’Europa“, ha quindi spiegato Rutte, evidenziando come questo stesso processo sia stato già adottato da Paesi come Russia, Cina, Corea del Nord e Iran.

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