Il cessate il fuoco in Medio Oriente non è mai stato così vicino. Alcune fonti presenti a Doha, in Qatar, hanno sostenuto che nel corso della notte tra domenica e lunedì, il capo del Mossad, David Barnea, il primo ministro del Qatar, al Thani, e l’inviato di Trump in Medio Oriente, Steve Bannon, sarebbero riusciti a trovare un accordo e a stilare una serie di punti imprescindibili per l’allontanamento delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza. Secondo quanto si apprende da fonti vicine ai negoziati, Hamas ha accettato la bozza dell’accordo per il cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha invece convocato per questa sera una riunione d’urgenza con i vertici della sicurezza. Stando a quanto fatto emergere dai media israeliani, l’incontro si è concentrato sull’esame dell’accordo riguardante lo scambio tra rapiti israeliani e prigionieri palestinesi. Inoltre, la consultazione ha incluso la presenza di alti funzionari dell’Idf, il capo di stato maggiore Herzi Halevi, oltre a rappresentanti delle agenzie di intelligence tra cui David Barnea per il Mossad e Ronen Bar per lo Shi Bet.
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A seguito della riunione, il primo ministro non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali ma nel corso del pomeriggio ha incontrato i parenti di alcuni degli ostaggi ancora presenti a Gaza, rincuorandoli sulle sue intenzioni. “Sono pronto per un cessate il fuoco prolungato, a condizione che tutti i rapiti vengano rilasciati“, ha sostenuto il premier dello Stato ebraico, evidenziando che la conclusione dell’accordo sia una questione di “giorni o ore“. Netanyahu ha poi sottolineato che tutte le notizie che stanno circolando in queste ore non sono attendibili, in quanto sono solo speculazioni e che al momento si attende la risposta di Hamas.
Il primo ministro ha poi ricordato l’ultimatum di Donald Trump, che continua a chiedere un accordo prima del suo insediamento. “Le regole del gioco cambieranno sostanzialmente“, ha continuato il premier, ricordando che ogni violazione commessa da Hamas sarà punita duramente e si metterà in atto “una forma di combattimento che non abbiamo ancora visto“.
Blinken: “La palla ora è nel campo di Hamas“
Il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, è intervenuto all’Atlantic Council a Washington per chiarire alcuni punti riguardanti i negoziati a Doha tra Hamas e Israele. “La palla è ora nel campo di Hamas“, ha dichiarato il segretario, sottolineando però come Israele debba partecipare comunque alle trattative, presentando un calendario per la liberazione dello stato della Palestina basato su determinate condizioni.
Nel caso in cui l’organizzazione terroristica accetti l’accordo, però, questo sarebbe già pronto per essere concluso e attuato. Quindi, le trattative sarebbero agli sgoccioli e in poco tempo sarà possibile comprendere quale sarà il destino di questo conflitto. Per quanto riguarda, invece, il post-tregua, Blinken ha sottolineato che l’Autorità nazionale palestinese dovrà collaborare con le Nazioni Unite e con i partner stranieri per gestire Gaza nel dopoguerra.
Medio Oriente, cosa sappiamo sulla tregua
I progressi, dunque, proseguono ma sono ancora numerosi i dettagli da definire. Inoltre, a seguito della conclusione dei negoziati è necessario che Israele approvi definitivamente l’accordo. Le prime indiscrezioni rivelano che Israele rilascerà 50 detenuti palestinesi in cambio della liberazione di 5 soldatesse ostaggio a Gaza.
Il presidente degli Sati Uniti, Joe Biden ha sostenuto di nutrire numerose speranze sull’accordo “che sta per essere chiuso“. Il presidente eletto Donald Trump, che salirà al potere il prossimo 20 gennaio, ha confermato che, nel caso in cui l’accordo non dovesse realizzarsi, allora “ci saranno un sacco di guai là fuori“. Per il tycoon, quindi, non vi sono altre possibilità se non quella che l’accordo si realizzi prima del suo insediamento alla Casa Bianca.
Una fonte vicina alle trattative ha poi specificato che oggi dovrebbe tenersi “un ultimo round di colloqui“, in vista della tregua tra Hamas e Israele, tra i responsabili delle agenzie di intelligence israeliane, i mediatori americani e il primo ministro del Qatar da una parte, e i mediatori e il movimento islamista palestinese dall’altra. Secondo quanto si apprende da fonti israeliane, è stato possibile finalizzare un accordo grazie alle nuove pressioni che Hamas sta ricevendo a seguito della capitolazione del regime di Basher al-Assad in Siria, che guidava l’asse di coalizione con l’Iran, e della sconfitta di Hezbollah in Libano.
Israele, la contrarietà di Smotrich e Ben Gvir
Dal leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, giungono però parole rincuoranti. Secondo l’israeliano, infatti, Hamas sarebbe pronta ad un accordo, come a lui confessato da un funzionario del Qatar. Ora non resta che attendere, mentre a Tel Aviv cresce lo scontento a causa dell’opposizione di Itamar Ben Gvir e del ministro delle finanze Bazalel Smotrich all’intesa. “È una catastrofe per la sicurezza nazionale di Israele“, ha infatti sostenuto il ministro, sottolineando che il suo partito, Sionismo religioso, non sosterrà un accordo di resa che includa il rilascio degli ostaggi, la fine della guerra e la “dissoluzione dei risultati ottenuti con tanto sangue“.
Sulla questione si è poi espresso il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, evidenziando le pressioni per il raggiungimento “in tempi rapidi dell’accordo per il cessate il fuoco a Gaza“, che porti quindi alla fine delle sofferenze per la popolazione civile, così come la liberazione di tutti gli ostaggi. Il vicepremier ha poi sottolineato come l’Italia sia intenzionata a proseguire con il programma Food for Gaza, che più di molti altri è riuscito a fornire cibo alla popolazione, senza passare attraverso i canali di Hamas.
Medio Oriente, il possibile testo dell’accordo
Secondo quanto si apprende, sembra che l’accordo per cui si attende la risposta di Sinwar sia molto simile a quello presentato lo scorso maggio da Joe Biden. Si tratta quindi di un piano in tre fasi che prevede l’allontanamento delle truppe di Israele dalla Palestina. La prima fase prevede la liberazione di 33 israeliani presenti nella “lista umanitaria“, poi dopo 16 giorni dall’inizio del cessate il fuoco, le due parti discuteranno del ritorno dei giovani e dei soldati. Infine, la terza parte prevede la creazione di un nuovo governo e la riabilitazione di Gaza.
Sembra, però, che Israele abbia leggermente modificato il piano, chiedendo che venga creata una “zona cuscinetto” di circa un chilometro e mezzo intorno agli attuali confini della Striscia. La notizia è stata riportata da Al-Quds Al-Arabi, giornale qatarino con sede a Londra fondato da esponenti della diaspora palestinese, che ha poi sottolineato che questa zona rimarrebbe sotto il controllo di Israele. Non vi saranno messe truppe, ma il Paese si riserva la possibilità di aprire il fuoco verso coloro che tenteranno di attraversarla. Restano invece dubbi sullo status della città di Gerusalemme, su cui per il momento non vi sono notizie certe.
Inoltre, Israele ha negato l’intenzione di ridare il corpo di Yahya Sinwar ad Hamas, come invece era stato confermato inizialmente. Allo stesso modo, non verranno rilasciati coloro che hanno preso parte all’assalto del 7 ottobre, come confermato da funzionari di Tel Aviv. Invece, per quanto riguarda i circa 200 detenuti classificati come “assassini“, Israele ha confermato che saranno liberati ma che non sarà concesso loro di tornare in Cisgiordania. Questi saranno invece diretti a Gaza e, forse, in Egitto, Turchia e Qatar.
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