Centinaia di cristiani si sono riversati nelle strade di alcune città in Siria per manifestare contro un atto irrispettoso e provocatorio portato avanti da alcuni ribelli di un gruppo affiliato a quello di Hayat Tahrir al-Sham, che ha preso il controllo della Regione a seguito della caduta del regime di Basher al-Assad. I miliziani, armati con fucili e pistole, hanno tenuto a distanza gli abitanti cristiani di Suqaylabiyah, cittadina situata nel governatorato di Hama, mentre davano fuoco ad un albero di Natale che era stato eretto in una delle piazze centrali della città in vista delle festività natalizie.
Il gesto ha scatenato immediatamente la rabbia dei cristiani, che hanno quindi deciso di dare vita ad una protesta nel Paese. Il ricordo delle persecuzioni da parte dell’Isis è quindi tornato dominante, tanto da terrorizzare i residenti, che ora temono che il gruppo jihadista filo-turco possa dare inizio ad un nuovo periodo di terrore. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, interpellato sulla questione, ha dichiarato che l’obiettivo principale dell’azione diplomatica italiana è la protezione dei civili e dei cittadini cristiani, così come di tutte le minoranze.
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“Alla nuova Siria l’Italia offrirà tutto il sostegno possibile, ma vogliamo verificare la solidità delle dichiarazioni di pace e tolleranza nei confronti delle donne e delle minoranze, anche di quelle cristiane“, ha infatti dichiarato il vicepremier forzista, mandando quindi un messaggio ai nuovi capi di Stato siriani. Intanto, nel giorno della Vigilia di Natale, la situazione in Siria non è delle più semplice, con nuove proteste che mirano a far luce su quanto accaduto ad Hama e ad ottenere giustizia contro coloro che hanno messo in atto l’azione persecutoria.
Siria, la ribellione dei cristiani
Le proteste in corso in Siria sono nate a Suqaylabiyah, subito dopo l’incendio dell’albero di Natale creato dalla comunità cristiana. I diretti interessati, infatti, si sono ritrovati nelle strade della città ed hanno iniziato a marciare verso il Comando militare delle città ed hanno poi diffuso in rete il video di quanto accaduto, causando lo sdegno della comunità internazionale.
Subito dopo, quindi, le proteste hanno iniziato a sorgere in tutto il Paese. Prima a Sednaya, cittadina di 25mila abitanti, prevalentemente ortodossa e poi anche a Damasco, dove i cristiani hanno deciso di andare a chiedere spiegazioni direttamente sede del Patriarcato ortodosso, situato nel quartiere di  Bab Sharqi della Capitale.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), l’incendio dell’albero sarebbe stato causato dall’azione indipendente di alcuni miliziani appartenenti al gruppo islamista Ansar al Tawhid, che è sostenitore del monoteismo nel Paese. Tale versione è stata poi confermata sia dai residenti del Paese che da un leader religioso del gruppo Hayat Tahrir al-Sham. Il leader del gruppo filo-turco, Abu Mohammed al-Jolani, ha promesso che i miliziani jihadisti non hanno nulla a che fare con questo evento e che il gruppo coinvolto verrà punito per le azioni commesse contro la comunità cristiana siriana.
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