A quarant’anni dalla strage sul treno rapido 904 che, il 23 dicembre 1984 venne distrutto da una bomba mentre attraversava la grande galleria dell’Appennino, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricorda con intimo cordoglio il dolore e la devastazione che la morte di 16 persone e il ferimento di quasi 300 ha provocato all’interno della Repubblica italiana. Una ferita che ad oggi brucia ancora come se il tempo non avesse lavato via parte del dolore, come se non fossero passati quattro decenni da quella terribile anti vigilia di Natale.
“Fu una strage spaventosa, di impronta terroristico-mafiosa, come avrebbe accertato la magistratura“, ha voluto ricordare il Presidente della Repubblica, sottolineando come l’esplosione di quella bomba distrusse le vitte di donne e uomini innocenti, la cui unica colpa fu quella di prendere il treno 904 che li avrebbe riportati a casa, dai loro parenti, per le festività. “Ancora una volta, il tentativo era attentare alla pacifica convivenza del Paese“, ha tuonato il Capo dello Stato, ricordando come tra le vittime di questa strage vi fossero anche tre bambini.
Il messaggio di Mattarella evidenzia come l’attentato rientrasse nella lunga catena degli attacchi ai treni, “in continuità con le stragi compiute dall’eversione nera“, che fungeva da strategia di intimidazione e destabilizzazione che “la mafia avrebbe replicato contro la Repubblica anche nel decennio successivo“. Così Mattarella ricorda come ancora una volta il popolo italiano riuscì a risorgere dalle sue ceneri, scegliendo di rimanere unito e di non lasciarsi dividere, aiutato dalle istituzioni che “seppero respingere il ricatto e difendere la democrazia“.
La strage del 23 dicembre 1984 ricordata da Mattarella
L’antivigilia di Natale del 1984, il treno rapido 904, diretto da Napoli a Milano, sta attraversando la galleria appenninica situata tra Firenze e Bologna. Intorno alle 19:08, al chilometro 8 della Galleria, una detonazione fa esplodere parte del treno ed uccide 16 persone, ferendone circa 267. L’esplosione è causata da una carica di esplosivo radiocomandata, che è stata lasciata su una griglia portabagagli del corridoio della nona carrozza di seconda classe, quindi proprio al centro del convoglio.
Tra i primi sospettati c’è il noto mafioso palermitano Giuseppe Calò e dopo lunghi anni di indagini e una requisitoria di 600 pagine firmata dal procuratore della Repubblica di Firenze, a cui venne affidata l’indagine dopo le dichiarazioni di un testimone che ha raccontato di aver visto una persona caricare i borsoni nella stazione di Firenze, furono rinviate a giudizio otto persone.
Si tratta di Giuseppe Calò, Franco Di Agostino, Guido Cercola, dell’altro palermitano Antonino Rotolo, Friedrich Schaidinn, Giuseppe Missi, Giulio Pirozzi e Alfonso Galeota. Nel marzo 1985 vengono poi arrestati a Roma, per altri reati, Guido Cercola e Giuseppe Calò e vengono scoperte connessioni tra l’evento, la mafia, la camorra, l’eversione di destra, la P2 e anche la Banda della Magliana. Inoltre la strage del treno 904 viene collegata ad un tentativo simile, avvenuto nell’agosto 1983, quando vennero fatti esplodere i binari della tratta Firenze-Bologna, con l’obiettivo di causare centinaia di morti.
Alla conclusione delle indagini e del processo vengono condannati Giuseppe Calò, Guido Cercola, Franco D’Agostino e Friedrich Schaudinn. Nel 2011 viene accusato di far parte della questione anche Totò Riina, già in carcere, ma poi assolto per mancanza di prove.
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