L’assoluzione nel processo Open Arms ha aperto a Matteo Salvini una nuova strada, la stessa che sostanzialmente cinque anni fa lo aveva costretto a subire un processo, giuridico e politico, della durata di ben tre anni. “Salvini non può andare agli Interni perché c’è un processo in corso sulla sua condotta da ministro. Adesso questo alibi non c’è più“, così il vicepremier leghista annuncia la possibilità di un nuovo rimpasto di governo, dopo quelli forzati per sostituire Gennaro Sangiuliano e Raffaele Fitto, che vedrebbe la sua persona andare a sostituire quella di Matteo Piantedosi, attuale ministro dell’Interno.
La notizia, in poco tempo, percorre migliaia di chilometri e raggiunge il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che si trova nella Lapponia finlandese per partecipare al vertice Nord-Sud, al cui centro c’è proprio i focus della sicurezza e della migrazione. Nel corso della conferenza stampa, nel mezzo delle nevi della Finlandia, Meloni riesce a gelare il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, di fatto chiudendo ogni possibilità per cui un nuovo rimpasto possa interessare il suo governo.
“Oggi sia io che Matteo Salvini siamo contenti del lavoro del nostro ottimo ministro dell’Interno“, ha infatti dichiarato convinta il premier, cercando di evitare di creare una nuova frattura all’interno del centrodestra. Meloni è consapevole che l’assoluzione di Salvini potrebbe innalzare nuovamente i consensi della Lega e la possibilità che questo si ritrovi a capo di un ministero influente come quello degli Interni non sembra proprio un’idea saggia.
Salvini: “Occuparsi di sicurezza è qualcosa a cui tutti potrebbero ambire“
Nonostante la chiusura di Giorgia Meloni, il leader della Lega non sembra intenzionato ad abbandonare l’argomento, che potrebbe quindi essere il nuovo focus di scontro del 2025. “Sicuramente occuparsi della sicurezza, del futuro, della tranquillità, della serenità di milioni di italiani è qualcosa di bello a cui tutti non potrebbero che ambire“, ha infatti sottolineato l’attuale ministero dei Trasporti che però, davanti ai cronisti di Milano, cerca anche di non esagerare troppo per evitare di creare crisi in un momento delicato come quello attuale.
“Al ministero degli Interni c’è un amico“, ricorda infatti Salvini, sottolineando di non avere alcuna intenzione di rincorrerlo per rubargli di fatto il posto. Resta però il dubbio che Matteo Piantedosi possa essere stato eletto solo come “scalda poltrona“, proprio in attesa che le grane giudiziarie del leader leghista trovassero la loro soluzione e questo fosse di nuovo eleggibile per il ruolo. Si fa strada, quindi, la possibilità che già nel vertice odierno, in cui si tratterà del protocollo Italia-Albania, Salvini, Piantedosi e Meloni possano discutere di questa nuova situazione.
Al momento, l’attuale ministro dell’Interno non ha commentato gli sviluppi del processo Open Arms, se non per congratularsi con Matteo Salvini. La decisione ora ricade nelle mani del premier, che si troverà di fronte ad una situazione complessa che potrebbe di fatto modificare gli equilibri della maggioranza di governo. Intanto, però, Meloni non può che gioire del risultato del processo Open Arms, in cui dal suo punto di vista la “giurisdizione è stata usata per condizionare la politica“.
Le reazioni delle opposizione
Se Matteo Piantedosi ha deciso di non commentare il dialogo tra Meloni e Salvini, il centrosinistra ha deciso di non rimanere in silenzio e di criticare apertamente il possibile ritorno di Matteo Salvini al ministero degli Interni. Osvaldo Napoli, della segreteria di Azione, ha duramente contestato la possibilità, sottolineando come Salvini abbia di fatto considerato per tutto questo tempo Matteo Piantedosi “uno scalda poltrone, messo al Viminale in attesa che torni il titolare“.
Altrettanto dure le parole di Angelo Bonelli, leader di Avs, che ha ricordato come Salvini abbia già dimostrato in che modo gestirebbe il ruolo di titolare del Viminale. “Si occupava più di donne e bambini in mezzo al mare che di mafiosi“, ha infatti evidenziato il segretario dei Verdi, dimostrando quindi la contrarietà delle opposizioni a questa possibilità.
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