Papa Francesco accusa Israele: “A Gaza crudeltà non guerra”. Tel Aviv risponde duramente alla Santa Sede

Il Pontefice, nell'incontro per gli auguri alla Curia romana, ha informato i cardinali della situazione in Terra Santa con parole che hanno scatenato la furia di Israele. Motivo per cui, il ministro degli Esteri di Tel Aviv ha controbattuto senza mezzi termini alle dichiarazioni di Papa Francesco in merito all'uccisione di bambini nella Striscia di Gaza e sul permesso al Patriarca Pizzaballa

Redazione
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I rapporti tra Stato di Israele e Stato della Città del Vaticano sono ai minimi termini. Papa Francesco è tornato ad esprimersi ieri nel corso del discorso di Natale ai cardinali sulla guerra a Gaza condannando i raid e definendo le azioni israeliane come pura crudeltà. Il ministero degli Esteri di Tel Aviv ha deciso quindi di rispondere sui social per criticare con toni particolarmente duri le dichiarazioni del Papa, accusandolo di “due pesi e due misure“. Un botta e risposta avvenuto anche in relazione alla questione che ha visto protagonista il Patriarca Pierbattista Pizzaballa e la sua visita pastorale a Gaza alla vigilia di Natale.

Secondo il Pontefice sarebbe stata negato il suo arrivo mentre stando a quanto dichiarato dall’ambasciata israeliana presso la Santa Sede, a Pizzaballa è stata concessa la visita. Ma l’antefatto della vicenda si è generato ieri mattina durante l’incontro per gli auguri alla Curia, quando il Papa ha voluto informare i cardinali della situazione in Terra Santa. “Ieri il Patriarca non lo hanno lasciato entrare a Gaza come gli avevano promesso. E ieri sono stati bombardati bambini“, ha detto Papa Francesco senza lasciare spazio ad interpretazioni. “Questa è crudeltà, questa non è guerra – ha continuato il Santo Padre – voglio dirlo perché tocca il cuore“.

Il rapporto tra Papa Francesco e Israele allo stremo

Nel giro di poche ore non è venuta a mancare la replica su X del ministero degli Affari Esteri di Israele: “Le osservazioni del Papa sono particolarmente deludenti in quanto sono scollegate dal contesto reale e fattuale della lotta di Israele contro il terrorismo jihadista, una guerra su più fronti che gli è stata imposta a partire dal 7 ottobre“. Sono queste le parole durissime che portano allo stremo i rapporti tra Israele e Chiesa Cattolica locale, che invece spera di poter continuare a condurre la sua azione pastorale tra i cristiani, sempre meno in Terra Santa, anche in Cisgiordania e nella stessa Gaza.

Il comunicato dell’istituzione di Tel Aviv prosegue poi con un’accusa diretta al pontefice: “Purtroppo il Papa ha scelto di ignorare tutto questo, così come il fatto che le azioni di Israele hanno preso di mira i terroristi che hanno usato i bambini come scudi umani“. Il ministero di Tel Aviv ha spiegato poi che la crudeltà è espressa nei terroristi quando si nascondono dietro i bambini mentre cercano di uccidere i bambini israeliani e “la crudeltà è quando i terroristi prendono in ostaggio 100 persone per 442 giorni, tra cui un neonato e dei giovani, e abusano di loro“.

Lo scontro tra il Papa e Israele avrebbe riguardato quindi anche il permesso chiesto dal cardinale Pizzaballa per poter visitare la sua comunità a Gaza nella piccola parrocchia della Sacra Famiglia dove attualmente sono ospitate circa cinquecento persone rimaste senza dimora. Il gesto del patriarca riguarderebbe una ricorrenza che compie a ridosso delle festività più importanti, come ad esempio il Natale. L’ambasciata israeliana presso la Santa Sede ha perciò deciso di precisare che come sarebbe già avvenuto in passato e secondo le sue preferenze, “contrariamente alle false accuse pubblicate oggi sui media, la richiesta del Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, di entrare a Gaza è stata accolta“.

Il Papa stesso aveva denunciato la mancata possibilità al cardinale di accedere a Gaza. Ora si attende nei prossimi giorni la buona riuscita della visita di Piazzaballa nella Striscia.

Gli scontri passati

Ma non sono i primi scontri verificatisi tra il Santo Padre e lo Stato di Israele. Infatti, non troppo tempo prima le critiche della Santa Sede avevano riguardato la kefiah che era posta nella mangiatoia del Presepe allestito nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Nello specifico si tratterebbe del telo usato come copricapo tradizionale che è stato utilizzato per essere simbolo politico della lotta palestinese e per questo motivo il mondo ebraico aveva duramente disapprovato la scelta della Santa Sede. In seguito a questo, kefiah, Bambinello e mangiatoia sono stati tolti dall’allestimento del Presepe. A sua difesa, il Vaticano tramite sala stampa aveva precisato che la kefiah “era stata aggiunta all’ultimo momento dall’artista“, parlando dei palestinesi che avevano realizzato la Natività.

Ma non finisce qui, perché il Papa in una delle sue ultime pubblicazioni del Giubileo, parlando ancora di Gaza, ha scritto che sarebbe necessario indagare se è perpetrato “un genocidio” nella Striscia. Le parole del Pontefice non erano passate inosservate e a difendere la Santa Sede era intervenuto il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin dichiarando che non sussiste alcun antisemitismo bensì “abbiamo sempre condannato e continueremo a condannarlo”.

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