Bankitalia, taglia le stime del Pil: “Scenario incerto, anche per i dazi Usa”

Ad oggi, quindi, si prevede che il Pil non supererà lo 0,5% nel 2024, lo 0,8% nel 2025 e l'1,1% nel 2026, con un taglio dello 0,1% in ogni anno; secondo Bankitalia tale situazione è diretta conseguenza dell'ipotesi di una crescita di domanda estera più moderata e di tassi di interesse esteri leggermente più alti, a causa dei possibili dazi che Donald Trump potrebbe decidere di mettere in campo

Redazione
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Il Bollettino economico pubblicato oggi da Bankitalia ha portato con sé notizie poco confortanti per l’economia italiana, riguardanti principalmente le stime finora pubblicate sui dati del Pil e il tasso di disoccupazione. Gli analisti di Palazzo Koch hanno infatti tagliato le stime del prodotto interno lordo relativi al 2024 e al 2025, ritenute fin troppo speranzose rispetto alla realtà. Ad oggi, quindi, si prevede che il Pil non supererà lo 0,5% nel 2024, lo 0,8% nel 2025 e l’1,1% nel 2026, con un taglio dello 0,1% in ogni anno. La nota positiva riguarderebbe però i prezzi al consumo, le cui stime rimangono invariate rispetto al 2024.

Bankitalia ha poi sostenuto che l’inflazione salirà dell’1,1% quest’anno, mentre nel 2025 il tasso si attesterà all’1,5%, rispetto all’1,6% inizialmente previsto. I tagli delle stime riguardano anche i tassi di occupazione, che nel 2024 scende dal 6,7% precedentemente rilevato al 6,6% e nel 2025 toccherà il 6,1% rispetto alla stima precedente del 6,3%. Secondo Palazzo Koch, però, queste percentuali, al contrario di quelle del Pil, potrebbero stabilizzarsi nel corso del prossimo anno.

Bankitalia, i motivi dei tagli

Secondo quanto dichiarato dal Bollettino, parte dei tagli delle stime deriverebbero dalla situazione di incertezza odierna riguardante la politica estera. La possibile guerra dei dazi che il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, potrebbe mettere in atto spinge le economie europee verso un comportamento più protezionistico e ciò influenzerebbe negativamente le vendite all’estero e peggiorerebbe la fiducia di famiglie e imprese, di fatto indebolendo anche la situazione di crescita interna.

Secondo Bankitalia, però, sarebbero presenti ancora delle speranze. Si prevede, infatti, che nel corso della seconda metà del 2025 sia possibile una crescita più vigorosa, anche grazie all’andamento favorevole dei consumi, che in Italia continuano a crescere. Dopo la forte caduta registrata nel 2023, infatti, questi ultimi sono tornati ad aumentare a partire dal primo trimestre del 2024 e questo andamento positivo sarebbe al momento stabile, anche ai dati positivi del potere d’acquisto delle famiglie e alla riduzione dei tassi di interesse.

Al contrario, invece, il settore degli investimenti continuerebbe a vivere un periodo negativo, risentendo ancora delle conseguenze del ridimensionamento degli incentivi per la riqualificazione delle abitazioni, che sarebbero invece sostenuti solo in parte dall’aumento della spesa per infrastrutture e dalle  misure di incentivo previste nel PNRR.

Bankitalia, i possibili futuri rallentamenti

Le stime odierne di Bankitalia hanno quindi cercato di creare un quadro a tutto tondo di quella che potrebbe essere la situazione economica del futuro, senza tralasciare i fattori di rischio a cui il Paese potrebbe andare incontro. Per quanto riguarda l’inflazione, attenzionata anche ieri nel corso della riunione dei vertici della Bce, secondo Palazzo Koch, questa potrebbe aumentare a seguito dei rincari delle materie prime e altri beni importanti.

Inoltre, sempre secondo le stime, nel caso in cui si verificasse un marcato deterioramento delle domanda, questa potrebbe pesare sull’occupazione e peggiorare anche l’andamento dei salari, dei margini di profitto e dei prezzi di vendita delle imprese, andando quindi a peggiorare la domanda interna al Paese. Le stime a ribasso del Pil, invece, sarebbero diretta conseguenza degli sia degli andamenti meno favorevoli delle attese nella seconda metà dell’anno in corso, sia dell’ipotesi di una crescita di domanda estera più moderata e di tassi di interesse esteri leggermente più alti.

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