Matteo Salvini, in vena di metafore economiche e stoccate politiche, sembra avere un messaggio chiaro per John Elkann: “Caro John, in Parlamento non serve il libretto degli assegni: serve l’assegno vero!“. Così, a margine dell’assemblea di Alis, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti lancia la sfida a Stellantis, che incassa denaro pubblico da decenni ma, a detta di Salvini, scorda di restituire in termini di risultati.
Cashback pubblico? No, grazie!
L’ex Fiat, oggi multinazionale dal respiro franco-olandese-americano, pare aver dimenticato le sue radici italiane. E non si tratta di un romanticismo industriale fuori tempo massimo. Salvini snocciola dati (e rabbia): “Quanti miliardi di fondi pubblici hanno visto i conti correnti di Stellantis? E in cambio, cosa abbiamo avuto? Licenziamenti, cassa integrazione e stabilimenti chiusi”.
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Non mancano frecciate ai vertici: “Non 100 milioni, ma anche solo un milione di buonuscita è troppo,” dice riferendosi al compenso del CEO, Carlos Tavares. “Qui c’è gente che dovrebbe restituire i soldi, non prenderli,” conclude, con il piglio di chi non vuole altri fondi buttati “in un pozzo senza fine.”
Industriali di ieri, multinazionali di oggi
Ma il bersaglio grosso, più che Tavares, è la proprietà. Elkann e soci, accusati di aver incassato fondi italiani per poi investire all’estero, vengono dipinti come l’emblema della “peggiore imprenditoria”. Insomma, il vicepremier immagina un’industria un po’ più patriottica e un po’ meno globalizzata… o almeno più riconoscente verso i generosi finanziamenti di casa nostra.
Operai e assegni: i veri protagonisti
Salvini chiude con un messaggio ai lavoratori italiani: “Il mio pensiero è con voi, non con chi si prende buonuscite farneticanti”. E mentre il Parlamento attende Elkann — assegno alla mano o meno — resta una domanda pungente: Stellantis riuscirà a ristabilire un rapporto con l’Italia o ci attende un altro capitolo della saga “Presa i soldi e scappa?”
Il dibattito è aperto. E se fosse un film, il titolo sarebbe già pronto: “Il grande assegno fantasma”.
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