Gino Cecchettin contro gli avvocati di Turetta: “La memoria di Giulia è stata umiliata”

Il padre di Giulia critica la difesa di Turetta che nell'udienza di ieri ha contestato le aggravanti avanzate dai pm della premeditazione, della crudeltà e degli atti persecutori

Redazione
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Gino Cecchettin, il padre di Giulia Cecchettin, la 22enne uccisa lo scorso anno, ha scritto un post su Facebook criticando quanto detto dagli avvocati dell’indagato numero uno per l’omicidio, l’ex della ragazza Filippo Turetta.

Le parole di Gino Cecchettin

Durante l’udienza di ieri per il processo di omicidio tenutasi nella Corte d’Assise di Venezia, gli avvocati dell’ex fidanzato di Giulia, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, hanno contestato le aggravanti avanzate dai pm nei confronti di Turetta. È stato richiesto infatti “che vengano ritenute insussistenti le aggravanti della premeditazione, della crudeltà, degli atti persecutorie, “in via subordinata”, che siano riconosciute “le attenuanti generiche”.

Sulla premeditazione, Caruso ha affermato che “se c’è uno che non sa premeditare alcunché è Filippo Turetta. Non me ne voglia Filippo ma, a meno che non sia il più consumatore degli attori, è insicuro: è insicuro di fare gli esami, non sa se riprendere a giocare a pallavolo, non sa se Giulia è ancora innamorata di lui”.

Mentre sugli atti persecutori, la legale Cornaviera, pur riconoscendo i comportamenti ossessivi di Turetta, ha dichiarato che questo non comporterebbe “l’aggravante degli atti persecutori (stalking) che necessita di uno stato d’ansia e paura perdurante e grave“. Per lei Giulia non aveva cambiato abitudini di vita a causa dell’ex. “Che non ci sia stato nessun tipo di evento perturbativo è comprovato dal fatto che si è organizzato per andare ai concerti anche quando non stavano più insieme“.

Gino Cecchettin ha risposto ai legali tramite i social: “Io ieri mi sono nuovamente sentito offeso e la memoria di Giulia umiliata” ha scritto, precisando che “la difesa di un imputato è un diritto inviolabile”. È però necessario che ci si mantenga “entro un limite, che, pur non essendo formalmente codificato, è dettato dal buon senso e dal rispetto umano”. Perché per lui, sorpassare questo limite potrebbe “aumentare il dolore dei familiari della vittima e suscitare indignazione in chi assiste”.

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