“Deludente“, è questa la parola che sembrerebbe accompagnare la conclusione della Cop29 di Baku, in Azerbaijan, dove la disorganizzazione e l’egoismo dei singoli Paesi partecipanti hanno impedito di giungere ad un accordo che fosse realmente utile all’umanità o in linea con quanto deciso lo scorso anno in India. La relazione finale della conferenza non contiene infatti alcun riferimento alla transizione mondiale dai combustibili fossili, che era stata una dei traguardi principali raggiunti nel corso della Cop28.
Fa discutere anche la decisione di stanziare 300 miliardi di dollari all’anno fino al 2035 da utilizzare come risorse per i Paesi in via di sviluppo, affinché questi possano applicare la transizione energetica e soprattutto possano adattarsi ai cambiamenti climatici. La cifra, che potrebbe sembrare abnorme, in realtà non risulterebbe sufficiente per le necessità di questi Paesi e molti dei partecipanti alla Cop29 si sono quindi detti stupiti e amareggiati dalla decisione della conferenza.
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“Avevo sperato in un risultato più ambizioso, sia in termini di finanza che di mitigazione, per affrontare la grande sfida che ci troviamo ad affrontare“, ha infatti dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, invitando i Paesi che hanno partecipato alla conferenza a vedere queste risorse solo come un punto di partenza per poi continuare a costruire. Soddisfatto, invece, il presidente Usa Joe Biden, che ha definito “un passo importante” quello compiuto dalla Cop29, per poi rassicurare che il Paese continuerà la sua azione contro i cambiamenti climatici, nonostante lo scetticismo di Donald Trump: “Alcuni cercano di negare o ritardare la rivoluzione dell’energia pulita in corso in America e nel mondo, ma nessuno può annullarla“.
Cop29, i punti essenziali dell’accordo a Baku
I 300 miliardi di dollari approvati dalla conferenza saranno finanziati dai 23 Paesi sviluppati e dall’Unione europea, ovvero dai Paesi designati nel 1992 come storicamente responsabili del cambiamento climatico. In questo elenco, però, mancherebbero Paesi che dal 1992 ad oggi hanno subito una crescita imponente e che quindi dovrebbero entrare a far parte dei finanziatori delle Cop. Tra questi è presente la Cina, che però continua a sostenere che la lista non può essere modificata e che quindi non parteciperà ai finanziamenti se non con somme volontarie.
Il testo della relazione, invece, prevede che il contributo dei Paesi ricchi provenga dai loro fondi pubblici, da investimenti privati o da “fonti alternative“, cioè tasse globali, che però non sono ancora state individuate. A seguito della decisione, i 45 Paesi meno sviluppati e il gruppo di 40 Stati insulari hanno duramente criticato l’assetto e le deliberazioni della Cop29, sostenendo che la cifra stanziata non sarebbe affatto sufficiente. Queste realtà avrebbero infatti chiesto che i finanziamenti fossero almeno raddoppiati, così da poter sopperire alle reali mancanze delle Nazioni a cui sono destinati.
“L’importo proposto è pietosamente basso, è ridicolo“, avrebbe sostenuto il delegato indiano Chandni Raina, criticando duramente lo svolgimento della conferenza. Il commissario Wopke Hoekstra si è invece detto soddisfatto delle decisioni prese, sottolineando che “la Cop29 passerà alla storia come l’inizio di una nuova era per la finanza climatica“. Più risoluto il responsabile del clima delle Nazioni Unite, Simon Stiell, che ha riconosciuto che “nessun Paese ha ottenuto tutto ciò che voleva” che la Cop29 si conclude con ancora molto lavoro da fare, per “questo non è il momento di cedere a trionfalismi“.
Una seconda delusione ha poi riguardato principalmente l’Unione europea, che sperava di poter lavorare ancora sulla riduzione dell’utilizzo di carburanti fossili e il gas naturale, come si era iniziato a fare già lo scorso anno. Nella delibera finale non sarà presente neanche la creazione di un sistema di monitoraggio annuale degli sforzi di transizione dai combustibili fossi, come i Paesi Ue avevano auspicato. Parte della colpa di queste mancanze sarebbe stata affidata proprio all’Azerbaijan, Stato ospitante la conferenza.
Secondo i partecipanti, infatti, sarebbe mancata una vera e propria leadership e la disorganizzazione con cui si sarebbe svolto l’evento ne avrebbe inficiato la riuscita. “Baku è stata un’esperienza dolorosa“, ha dichiarato il ministro dell’Ambiente brasiliano, Marina Silva, pronta ad ereditare lo scettro dell’Azerbaijan e organizzare una conferenza che l’anno prossimo, a Belem, possa rivelarsi più fruttuosa.
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