I festeggiamenti per l’elezione di Raffaele Fitto a vicepresidente della Commissione europea si sono ormai conclusi ed ora per il governo Meloni si avvicina il momento delle riflessioni. Le quattro deleghe lasciate scoperte dall’ormai ex ministro hanno bisogno di un nuovo volto e il compito dell’esecutivo sarà quello di riuscire a trovare dei sostituti che in qualche modo non alterino l’equilibrio del governo.
Il Presidente del Consiglio, inoltre, deve tenere in considerazione anche la variabile rappresentata dalla ministra per il Turismo Daniela Santanchè, che il 26 novembre scoprirà se dovrà essere sottoposta a processo per le accuse riguardanti il caso Visibilia. Se anche Santanchè fosse costretta a presentare le proprie dimissioni, Giorgia Meloni si troverebbe a dover affrontare un mini rimpasto di governo, che potrebbe però permetterle di dare inizio alla seconda metà del suo mandato con una squadra nuova ma che non dovrebbe scalfire la sua continuità istituzionale.
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Resta comunque da comprendere in che modo gestire questi cambiamenti. Voci vicine al premier hanno lasciato intendere che la decisione sarà annunciata entro dieci giorni ma che per il momento si continua a riflettere sulle varie possibilità. Sembrerebbe però accertato che le quattro deleghe lasciate da fitto – Pnrr, Coesione, Sud e Affari europei – saranno affidate a personalità diverse, probabilmente divise in due pacchetti. Nel governo sembrerebbe farsi strada anche la possibilità dell’elezione di nomi tecnici, cioè esterni alla politica, ma per il momento il riserbo su quest’ultima possibilità è massimo.
I possibili nomi per le cariche lasciate da Fitto
Il Risiko delle nomine politiche non è mai una strada semplice da perseguire e la leader di Fratelli d’Italia lo sa bene. Ora, quindi, Giorgia Meloni si trova con ben quattro deleghe da ricollocare e con una schiera di nomi da tenere in considerazione. Sembrerebbe, innanzitutto, che il premier stia riflettendo sulla possibilità di dividere le quattro nomine in due pacchetti diversi, da affidare poi a nomi fedeli.
Secondo quanto dichiarato nelle ultime settimane, quando l’elezione di Fitto non era ancora accertata, il premier potrebbe aver deciso di tenere la delega al Pnrr, quella più complessa e fondamentale per il nostro Paese, all’interno di Palazzo Chigi. Si ipotizza, quindi, che nei piani di Giorgia Meloni vi sia la volontà di affidarla ai due sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano. Il percorso del Pnrr è infatti centrale per il governo, con l’avvicinarsi della scadenza della terza rata e più della metà dei fondi già ricevuti ancora da affidare e spendere.
Le scadenze del Piano nazionale di ripresa e resilienza non sono da prendere sotto gamba ed anche per evitare problematiche future, si fa strada la possibilità che un nome preso in considerazione del Presidente del Consiglio sia quello di Maurizio Leo, viceministro dell’Economia e delle Finanze. Un’altra certezza, quindi, è che il nome scelto dovrebbe provenire da Fratelli d’Italia, anche se Forza Italia sembrerebbe convinta di poter avere voce in capitolo, in quanto favorevole al voto di Fitto in Ue. In questo senso, quindi, non si esclude la nomina del viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli.
Nel caso in cui, invece, si volessero prendere in considerazione nomi provenienti non dal mondo della politica, sembrerebbe che i favoriti siano due. Da un lato il giurista Sabino Cassese, a cui sarebbe affidata la delega agli Affari europei, mentre quello di Roberto Cingolani per il Pnrr. Su tutte queste possibilità, però, non vi sarebbe nulla di assicurato, tanto che più di qualcuno continua a sostenere che Fitto, anche da Bruxelles, possa continuare ad avere voce in capitolo su questi argomenti.
Il governo Meloni, infatti, si trova tra le mani un nuovo problema da risolvere, che si aggiunge agli altri dossier già aperti sul tavolo. Nelle settimane finali, prima della chiusura definitiva della Legge di bilancio, si continua a riflettere sugli emendamenti e sulle proposte che provengono dagli alleati, gli stessi che potrebbero di fatto rallentare il processo della manovra. Inoltre, il governo deve far fronte all’ardua sfida delle Regionali del 2025. Da un lato c’è la sfida del Veneto, resa ancora più complessa dalla volontà di Matteo Salvini di ricandidare Luca Zaia, dall’altra ci sono la Puglia e la Campania che sembrerebbero due realtà inavvicinabili per il centrodestra attuale.
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