Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant sono i destinatari di due dei mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale riguardanti l’accusa di crimini guerra in riferimento al conflitto in corso in Medio Oriente. I giudici della Camera I pre-processuale del Cpi hanno respinto le istanze di Israele che contestava l’autorità della corte e che chiedeva la sospensione del procedimento.
Secondo la corte infatti i due israeliani sarebbe sospettati di aver compiuto crimini di guerra almeno dall’8 ottobre 2024 fino al 20 maggio 2024, data in cui la Procura ha depositato le richieste di mandato d’arresto. Secondo la corte, infatti, Netanyahu e Gallant avrebbero “la responsabilità penale per i crimini“, tra cui l’utilizzo di “fame come metodo di guerra“, l’omicidio, la persecuzione e altri atti disumani.
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I giudici avrebbero contestato ai due un attacco contro la popolazione civile di Gaza e avrebbe sostenuto di avere “fondati motivi per ritenere che entrambi gli individui abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di beni indispensabili alla loro sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicine e forniture mediche, carburante ed elettricità“.
La Cpi avrebbe inoltre emesso un mandato di arresto per Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, comunemente noto come Deif, ovvero il capo militare di Hamas che Israele ritiene di aver ucciso in un bombardamento nella Striscia di Gaza lo scorso agosto. Secondo la Corte, però, non vi sarebbero certezza per confermare il suo decesso.
Cpi, Netanyahu: “Questa decisione è moderno processo Dreyfus“
A seguito dell’emissione dei mandati di arresto, il premier Netanyahu avrebbe deciso di rispondere personalmente alle accuse, sostenendo che i due mandati arresto corrisponderebbero ad una “decisione antisemita” che equivarrebbe “al moderno processo Dreyfus“, in quanto avrà la sua stessa conclusione.
Il leader dello Stato ebraico ha immediatamente dichiarato la sua estraneità alle accuse, sostenendo che non vi sarebbe “niente di più giusto della guerra che Israele conduce a Gaza dal 7 ottobre 2023, dopo che l’organizzazione terroristica Hamas ha lanciato un attacco contro di esso e ha compiuto il più grande massacro commesso contro il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto“.
Herzog: “Questo è un giorno buio per la giustizia“
Sulla questione si è poi espresso il Presidente di Israele, Isaac Herzog, sottolineando che la decisione della Corte penali internazionale sarebbe “oltraggiosa“, in quanto avrebbe “trasformato la giustizia internazionale in un oltraggio internazionale“. Herzog ha poi definito quello di oggi “un giorno buio“, perché la decisione presa si “farebbe beffe del sacrificio di tutti coloro che lottano per la giustizia, dalla vittoria degli Alleati sui nazisti a oggi“.
Secondo il presidente, inoltre, la Corte ignorerebbe il diritto e il dovere di Israele di difendere la propria popolazione e ignorerebbe allo stesso tempo che “Israele è una democrazia vivace, che agisce in base al diritto umanitario internazionale e che fa di tutto per provvedere ai bisogni umanitari della popolazione civile“. In questo senso, quindi, la Cpi avrebbe trasformato, secondo Herzog, “il sistema stesso della giustizia in uno scudo umano per i crimini contro l’umanità di Hamas“.
Ben Gvir: “Vergogna senza precedenti“
Il ministro per la Sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben Gvir, ha duramente condannato la decisione della Corte penale internazionale, sostenendo che si tratterebbe “di una vergogna senza precedenti, ma per nulla sorprendente“, poiché i giudici avrebbero dimostrato “ancora una volta di essere antisemiti dall’inizio alla fine“. Ben Gvir, poi, avrebbe aggiunto che l’unica risposta adatta a questa presa di posizione sarebbe l’applicazione della sovranità di Israele a tutti “i territori di Giudea e Samaria“, ovvero la Cisgiordania, e poi “la rottura dei legami con l’autorità terroristica“, cioè l’Autorità nazionale palestinese.
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