Donald Trump ha promesso di “porre fine a tutte le guerre“, subito dopo la notizia della sua elezione, ma sembrerebbe che il suo piano possa incontrare diversi ostacoli sul suo cammino. Gli ultimi giorni del governo Biden, infatti, si dimostrano sempre più concentrati sulla questione ucraina e mediorientale e proprio in Medio Oriente ieri si è verificato un evento che potrebbe modificare il corso del conflitto.
Sembrerebbe che i ribelli Houthi dello Yemen, schierati al fianco della Palestina, abbiano preso di mira due cacciatorpedinieri statunitensi con droni e missili mentre transitavano nello stretto di Bab al-Mandab, ma sembrerebbe che questi siano riusciti a respingere gli attacchi. Gli Usa avrebbero poi smentito la notizia, circolata inizialmente, per cui il popolo yemenita avrebbe attaccato la portaerei Abraham Lincoln. “Sulla base delle informazioni che abbiamo, Licoln non è stata attaccata” ha infatti dichiarato il portavoce del Pentagono Pat Ryder.
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Sembrerebbe, comunque, che gli Stati Uniti non abbiamo preso alla leggera la notizia degli attacchi. “Ci saranno conseguenze per questo attacco sconsiderato” ha infatti dichiarato Ryder, sottolineando i dettagli dell’attacco subito dalle navi statunitensi. “Sono state attaccate da almeno otto sistemi aerei senza equipaggio di attacco unidirezionale, cinque missili balistici antinave e tre missili da crociera antinave, che sono stati ingaggiati e sconfitti con successo” ha infatti spiegato il portavoce del Pentagono.
Medio Oriente, il presidente israeliano Herzog in visita a Washington
La notizia dell’attacco portato avanti dai ribelli Houthi è giunta nel giorno della visita ufficiale del presidente israeliano Isaac Herzog negli Stati Uniti. Il leader dello Stato ebraico si è infatti recato a Washington, dove avrebbe dichiarato, senza mezzi termini, che “l’Iran è l’impero del male” e “il motore dell’antisemitismo“. Sembrerebbe, dunque, che i dissapori tra i due Stati non siano ancora stati sedati. Herzog avrebbe poi incontrato il presidente Joe Biden, il quale avrebbe rinnovato “l’impegno incrollabile per la difesa di Israele“, nella consapevolezza di dover però dirigere le sue attenzioni verso il neo-eletto Donald Trump.
“Un campione di pace e cooperazione” lo avrebbe definito il leader israeliano, auspicando che il suo governo possa continuare a sostenere i piani dello Stato ebraico. Sembrerebbe, infatti, che Herzog e Trump si siano già sentiti e abbiano trattato specificamente del delicato tema del rilascio degli ostaggi, che, a più di un anno dallo scoppio della guerra in Medio Oriente, sono ancora nelle mani dell’organizzazione terroristica di Hamas.
Negli Stati Uniti si trova anche Ron Dermer, uno dei più stretti collaboratori di Netanyahu, che avrebbe il compito di negoziare la tregua, anche temporanea, con Hezbollah in Libano. Questo avrebbe incontrato il segretario di Stato Anthony Blinken per discutere della questione e sembrerebbe che siano in programma incontri con Donald Trump e i suoi consiglieri. La tregua, però, anche se dovesse essere decisa da Dermer e gli Usa, potrebbe non essere accettata dall’organizzazione terroristica libanese.
Il timore, infatti, è che l’accordo preveda che il governo libanese supervisioni gli armamenti affinché non finiscano nelle mani di Hezbollah e che l’esercito ufficiale del Libano resti l’unica armata nel Sud del Paese. Inoltre, si teme che venga data ad Israele la possibilità di avere libertà di azione in caso in cui la tregua venga violata.
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