Si è aperta oggi a Baku in Azerbaigian la Cop29, ovvero la 29esima Conferenza delle parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che durerà due settimane. Secondo l’UN Climate, ci sono circa 51mila partecipanti, un numero inferiore rispetto a quella dello scorso anno. Cina e Stati Uniti sono i grandi assenti, dato che sono i Paesi con il più alto tasso di inquinamento da carbonio.
La conferenza si tiene pochi giorni dopo la rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Usa, con la preoccupazione dei partecipanti legata alla promessa del tycoon di uscire dall’Accordo di Parigi. Intanto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvertito i presenti che coloro che remano contro la fine dei combustibili fossili sono destinati a perdere.
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Cop29, il via ai lavori
Il neo eletto presidente della COP 29, Mukhtar Babayev, ha lanciato un forte avvertimento all’apertura dei lavori, affermando che il mondo viaggia verso la strada della rovina. “Il cambiamento climatico è già qui”, ha affermato sottolineando che “il programma ambientale dell’Onu mostra che le attuali politiche ci stanno portando a tre gradi di riscaldamento”. E “queste temperature sarebbero catastrofiche per miliardi di persone”. Quindi le persone soggette alla crisi climatica “chiedono leadership e azioni concrete”.
All’apertura è intervenuto anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, lanciando un avvertimento per chiunque non sia d’accordo a porre fine all’era dei combustibili fossili. “Coloro che cercano disperatamente di ritardare e negare l’inevitabile fine dell’era dei combustibili fossili cercano di trasformare l’energia pulita in una parolaccia” ha affermato, sottolineando che “perderanno” perché “l’economia è contro di loro”. Per Guterres “le soluzioni non sono mai state più economiche e accessibili”.
La situazione appare complicata
I negoziatori a Baku sono chiamati a prendere delle decisioni difficili e fondamentali per il futuro del pianeta. La notizia che il 2024 potrebbe presto battere i record di rialzo della temperatura rende ancora più urgente il dibattito sui finanziamenti per il clima. In questo contesto si aggiunge il timore che con Trump gli Usa possano abbandonare l’accordo storico di Parigi per limitare il riscaldamento globale.
Alla conferenza gli stessi Usa non sono presenti, così come altri leader che tradizionalmente si sono presentati all’inizio dei colloqui della Cop per dare peso ai lavori. Saranno presenti solo alcuni leader del G20, i cui Paesi rappresentano quasi l’80% delle emissioni globali. Una novità è la presenza della delegazione afghana, che avrà lo stato di osservatore, per la prima volta da quando i talebani hanno preso il potere.
Comunque i diplomatici hanno insistito sul fatto che le assenze di diversi leader e la vittoria di Trump non renderanno meno serio il lavoro. Inoltre hanno spronato i negoziatori a focalizzarsi sull’aumento dei finanziamenti per il clima ai Paesi in via di sviluppo, che deve superare i 100 miliardi di dollari l’anno. Questo per aiutarli a prepararsi al peggioramento degli impatti climatici e a liberare le loro economie dai combustibili fossili. I punti che dovranno essere negoziati sono: quanto verrà offerto, chi pagherà e chi potrà accedere ai fondi.
I paesi in via di sviluppo necessitano di migliaia di miliardi di dollari che vorrebbero sotto forma di sovvenzioni piuttosto che di prestiti. Perché senza questi faranno fatica a realizzare i loro obiettivi climatici. “Portate un po’ di soldi sul tavolo in modo da mostrare la vostra leadership”, ha detto Evans Njewa, presidente del LDC Climate Group, che racchiude diversi paesi che ospitano in tutto 1,1 miliardi di persone. Ma i pochi paesi sviluppati che attualmente contribuiscono a fornire le risorse vogliono che si uniscano più donatori, tra cui le nazioni ricche e inquinanti, come la Cina e gli stati del Golfo.
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