Separazione delle carriere e primato del diritto. Su questi due principi si fonda il percorso della riforma della giustizia, che mira a separare la magistratura inquirente da quella giudicante. L’obiettivo è proseguire nell’attuazione completa della riforma del codice penale del 1989, come teorizzato da Giovanni Falcone, che più volte aveva invocato questa separazione per migliorare l’efficienza e l’indipendenza della giustizia. Inoltre, questa riforma si inserisce nel programma elettorale del governo attuale, che si impegna a rispettare e attuare le promesse fatte agli elettori. Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ribadito il concetto a Pechino, dove si trovava insieme al presidente Sergio Mattarella: «Non si tratta di una riforma contro la magistratura, ma di un impegno preso», ha sottolineato, cercando di sfatare il timore che la riforma possa essere vista come un attacco al sistema giudiziario.
Separazione carriere: gli ultimi sviluppi
Ieri mattina, la prima Commissione Affari costituzionali della Camera ha avviato l’esame degli emendamenti al disegno di legge costituzionale, che prevede anche una riforma del Consiglio superiore della magistratura (CSM). Il voto è iniziato sugli emendamenti all’articolo 1, che sono stati tutti presentati dall’opposizione e successivamente respinti. Le votazioni sugli altri emendamenti riprenderanno martedì prossimo. Il presidente della Commissione, Nazario Pagano (Forza Italia), ha dichiarato inammissibili solo due dei 262 emendamenti presentati, quelli provenienti dalla Lega, perché ritenuti tecnicamente incoerenti con la materia trattata dal disegno di legge. Nonostante la bocciatura, l’atteggiamento della Lega sembra rivelare un tentativo più ampio di influenzare la politica giudiziaria.
La Lega, infatti, ha portato avanti una vera e propria operazione a sorpresa, puntando a stanare i magistrati delle sezioni Immigrazione che hanno scommesso sull’intervento della Corte di giustizia dell’Unione europea per annullare la lista dei «Paesi sicuri», una decisione adottata dal governo italiano in merito alla gestione dei flussi migratori. Secondo alcuni osservatori, questa mossa potrebbe rivelarsi un boomerang, poiché non è affatto detto che la Corte Ue dia ragione ai ricorsi contro le decisioni dell’esecutivo. La questione si lega a una riflessione più ampia sulla compatibilità tra le norme costituzionali italiane e gli atti dell’Unione europea, in particolare per quanto riguarda i vincoli imposti dal diritto comunitario sugli ordinamenti nazionali. Questa discussione si è spostata alla Commissione Politiche Ue del Senato, dove si terranno audizioni e verranno richiesti contributi scritti da parte degli esperti. La procedura promette di essere lunga e articolata e potrebbe culminare con l’approvazione di un documento finale, che potrebbe portare all’adozione di una risoluzione.
In questo contesto, il senatore Claudio Borghi (Lega) ha chiesto di avviare una «indagine conoscitiva» per chiarire come il diritto dell’Unione europea interagisca con gli ordinamenti nazionali, in particolare di fronte all’incertezza giuridica creata dalle differenti interpretazioni dei tribunali italiani. Alcuni di questi, come il tribunale di Catania, hanno deciso di disapplicare il decreto anti-immigrazione, mentre altri, tra cui quelli di Bologna, Palermo e Roma, si sono rivolti direttamente alla Corte Ue per ottenere un chiarimento.
Il dibattito sull’indagine è stato molto acceso in Commissione Affari Ue del Senato. Da una parte, i partiti di centrodestra, tra cui la Lega, hanno sostenuto la proposta, ritenendo necessario chiarire la «gerarchia effettiva» delle fonti normative e l’interazione tra il diritto nazionale e quello comunitario. Dall’altra, il Pd, il Movimento 5 Stelle e Azione hanno critico la proposta, accusando la maggioranza di voler perdere tempo e di attaccare la magistratura. Il senatore del Pd, Filippo Sensi, ha parlato esplicitamente di «vendetta contro la magistratura». Tuttavia, il senatore Borghi ha manifestato soddisfazione su X (ex Twitter) per il fatto che, nonostante le opposizioni, la Commissione abbia accolto la sua richiesta di indagine, dando il via a un approfondimento che potrebbe influenzare in modo significativo il futuro della giustizia e della legislazione in Italia.
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