Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha dichiarato oggi di vedere una “finestra di opportunità” per porre fine ai conflitti che stanno devastando la Striscia di Gaza e il sud del Libano. Le sue parole sono arrivate al termine di un incontro a Gerusalemme con il ministro degli Esteri israeliano uscente, Israel Katz. Secondo Barrot, l’evoluzione della situazione politica internazionale, in particolare l’elezione di un nuovo presidente degli Stati Uniti, potrebbe rappresentare una svolta cruciale nella gestione dei conflitti che hanno messo a dura prova la regione mediorientale.
Il ministro francese ha sottolineato che l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti potrebbe offrire una nuova prospettiva per fermare le guerre in corso. La sua valutazione si basa su una serie di fattori che, secondo lui, potrebbero contribuire alla fine della tragica spirale di violenze che ha coinvolto, dal 7 ottobre scorso, Israele, Gaza, e il Libano. In particolare, Barrot ha citato i successi tattici ottenuti da Israele durante l’offensiva contro Hamas, come l’assassinio del leader di Hamas, Yahya Sinouar, come uno degli sviluppi che hanno contribuito a modificare l’equilibrio della situazione. In aggiunta, Barrot ha espresso fiducia nel fatto che un eventuale ritorno alla Casa Bianca di Trump potrebbe incentivare una risoluzione diplomatica più rapida, grazie alla sua presunta volontà di mettere fine alle guerre interminabili in Medio Oriente.
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Israele: le dichiarazioni di Barrot
Questa dichiarazione di Barrot segue un periodo di intensi combattimenti e violenze in cui migliaia di persone, tra cui civili innocenti, hanno perso la vita e milioni sono stati costretti a lasciare le proprie case. La situazione a Gaza è particolarmente critica, con l’esercito israeliano che continua le sue operazioni militari, mirando a smantellare le infrastrutture di Hamas, ma anche con pesanti ricadute sulla popolazione civile. Israele ha finora dichiarato di aver raggiunto significativi obiettivi militari, ma la devastazione umanitaria e la distruzione in Gaza sono enormi.
Il conflitto in Libano non è da meno. A partire dal 23 settembre, l’esercito israeliano ha intensificato i bombardamenti contro obiettivi di Hezbollah, il movimento sciita libanese sostenuto dall’Iran, che ha risposto lanciando razzi verso il territorio israeliano. Gli attacchi aerei israeliani contro il sud del Libano e le aree periferiche di Beirut, tra cui colpendo anche zone adiacenti all’aeroporto internazionale della capitale, hanno accentuato la tensione nella regione. Hezbollah ha giustificato le sue azioni come parte del suo sostegno a Hamas, ma i continui scambi di fuoco al confine hanno minacciato di far degenerare ulteriormente la situazione.
Nonostante la critica situazione sul campo, Barrot ritiene che il contesto internazionale potrebbe ora favore un tentativo di negoziato. La possibile elezione di Trump potrebbe in effetti offrire una nuova piattaforma per il dialogo, non solo tra le potenze regionali coinvolte nel conflitto, ma anche con le grandi potenze mondiali che hanno finora mostrato una divisione nel trattare la questione. Per esempio, gli Stati Uniti, sotto la presidenza Biden, hanno finora adottato una linea più cauta, ma Trump, se rieletto, potrebbe orientarsi verso una strategia più assertiva, cercando di negoziare un cessate il fuoco tra le parti in conflitto.
Tuttavia, non tutti sono ottimisti riguardo a questa “finestra di opportunità”. Mentre alcuni osservatori sperano che la diplomazia possa prevalere, molti temono che il conflitto possa ancora sfuggire di mano e causare ulteriori sofferenze, specialmente per i civili palestinesi e libanesi che vivono in prima linea nei territori più colpiti dagli attacchi. Le violenze sono lontane dall’essere contenute e la comunità internazionale dovrà affrontare sfide considerevoli se si vuole davvero raggiungere una pace duratura.
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