Israele, Netanyahu sente Trump su Iran: “Pronti ad alleanza straordinaria”

Il pericolo per Netanyahu è che Trump possa disinteressarsi alla questione, tentando di porvi fine il prima possibile, senza tenere conto delle richieste dello Stato ebraico

Redazione
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La prima telefonata internazionale per il neo eletto Donald Trump è giunta proprio da Israele, uno dei dossier più caldi che in queste elezioni ha fomentato le folle e soprattutto ha favorito la corsa del Tycoon. Benjamin Netanyahu sarebbe piuttosto soddisfatto dell’esito del voto Usa, convinto che The Donald possa essere realmente l’alleato mancante nella guerra contro Hamas, Hezbollah e forse anche l’Iran.

Dopo le congratulazioni di rito, il leader di Tel Aviv ha infatti spostato immediatamente il centro della telefonata sulle minacce rappresentate dallo Stato islamico e probabilmente sui piani a breve termine che riguardano la sua Nazione. Il cambio di presidenza negli Usa potrebbe rivelarsi come la modifica decisiva sullo scacchiere internazionale, che cambierà in maniera sostanziale gli equilibri nella Regione. Netanyahu potrebbe quindi giovare della nuova guida statunitense, così come ritrovarsi alleato ad un leader che vuole realmente “porre fine a tutte le guerre“.

La telefonata tra i due, comunque, sarebbe durata una ventina di minuti e sarebbe stata descritta come “calda e cordiale“, anche se le tematiche sarebbero state ben poco legate alle congratulazioni e più vicine alla strategia politica. Netanyahu, decidendo di superare i classici messaggi di rito solitamente inviati ai nuovi leader, ha voluto inviare un messaggio intimo e personale al nuovo presidente americano, definendo il suo come “il più grande ritorno della storia” e parlando di una “vittoria enorme“. Meno strutturato ma più d’impatto il breve messaggio dell’alleato di ultradestra Itamar Ben Gvir, che ha scritto soddisfatto: “Yesssss! Dio benedica Trump“.

Israele, la cacciata di Gallant e i possibili assetti dopo le elezioni Usa

La vittoria del leader repubblicano negli Usa è stata anticipata da Netanyahu con una mossa che, nel corso dell’amministrazione Biden, avrebbe potuto mettere in serio pericolo il suo governo. Il leader di Tel Aviv ha infatti deciso di licenziare il ministro della Difesa Yoav Gallant, sfruttando di fatto la disattenzione dell’opinione pubblica internazionale, eliminando una delle figure più controverse della Knesset israeliana. Gallant era forse il ministro più scomodo per il leader israeliano e allo stesso tempo era il vero e unico interlocutore di Joe Biden, contrario alle operazioni di terra a Gaza, all’apertura del fronte con il Libano, intenzionato ad arruolare gli ultraortodossi ed a cercare un accordo con Hamas sugli ostaggi.

Netanyahu ha eliminato così una fonte di attrito, con l’obiettivo di rendere più compatta la maggioranza di governo e riuscire a rispondere con meno restrizioni all’Iran, anche in questi due mesi in cui negli Usa si verifica un vuoto di potere a metà. La speranza di Tel Aviv è che Trump di riveli un leader maggiormente interessato alle questioni israeliane e che si impegni affinché gli interessi dello Stato ebraico siano garantiti. “Ci aspettiamo di avere a fianco un alleato incondizionato” ha infatti dichiarato il leader dei coloni Israel Gantz, dimostrando la fiducia che Israele ripone nel Tycoon.

Le preoccupazioni principali, però, sarebbero due. Da un lato Netanyahu è costretto a chiedersi fin dove arrivi l’influenza del leader americano. Probabilmente, questo sarebbe in grado di accontentare le richieste di Israele quando queste riguardano territori compresi all’interno dei suoi stessi confini, come ad esempio nel caso della Cisgiordania o di Gaza, ma potrebbe rivelarsi piuttosto insignificante sul fronte dei restanti Paesi mediorientali.

Dall’altro lato, invece, il leader di Tel Aviv continua a riflettere sul possibile significato di una delle frasi più iconiche pronunciate da Trump nel corso del suo primo discorso: “Non inizierò guerre, metterò fine a tutte le guerre“. Una sorta di minaccia ai piani israeliani, con Netanyahu che potrebbe ritrovarsi in casa un alleato il cui vero scopo è porre fine alle tendenze espansionistiche della sua Nazione.

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