Migranti, Viminale avvia ricorso in Cassazione contro Tribunale di Roma: “Sentenza Ue distorta”

L'approvazione del decreto e il ricorso in Cassazione segnano una fase cruciale nel dibattito sulle politiche migratorie italiane

Redazione
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Il Ministero dell’Interno italiano ha avviato un ricorso in Cassazione contro le ordinanze emesse dalla sezione immigrazione del tribunale di Roma. Questo passaggio legale si riferisce alla decisione di non convalidare il trattenimento di dodici migranti nel centro di permanenza in Albania, una questione di grande rilevanza nel contesto dell’attuale gestione dell’immigrazione nel paese.

Il 21 ottobre, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che modifica le disposizioni riguardanti l’elenco dei “Paesi sicuri”. Questo elenco, secondo il governo, è fondamentale per il rimpatrio dei migranti considerati non vulnerabili. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha dichiarato che il nuovo decreto stabilisce come fonte primaria l’indicazione di un elenco rinnovato di 19 Paesi sicuri, ridotto rispetto ai 22 originali, escludendo stati come Camerun, Colombia e Nigeria. Questa manovra è vista come un tentativo di rendere più efficaci le politiche di contenimento e rimpatrio dei migranti.

Migranti: la sentenza del Tribunale di Roma

La questione è emersa quando, il 17 ottobre, il Tribunale di Roma ha emesso un’ordinanza in cui non convalidava il trattenimento di dodici migranti provenienti da paesi considerati non sicuri. Questi migranti erano stati trasferiti nel Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di Gjader, in Albania, a bordo della nave Libra della Marina militare italiana. Il tribunale ha fatto riferimento a una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sottolineando che non era possibile riconoscere come “Paesi sicuri” gli stati di provenienza delle persone trattenute, rendendo così inapplicabile la procedura di frontiera prevista dal governo italiano.

Il decreto legge approvato il 21 ottobre stabilisce che l’elenco dei 19 Paesi sicuri diventa norma primaria, superando il precedente regime in cui era considerato una norma secondaria, aggiornata annualmente in base a decreti ministeriali. Questa modifica legislativa rappresenta una mossa strategica per il governo Meloni, poiché punta a consolidare il cosiddetto “modello Albania” per la gestione dei migranti.

I Paesi elencati come sicuri includono: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. È significativo notare che dieci dei migranti coinvolti nella controversia provenivano dal Bangladesh e altri sei dall’Egitto, entrambi paesi ora classificati nel nuovo elenco di “Paesi sicuri”.

L’approvazione del decreto e il ricorso in Cassazione segnano una fase cruciale nel dibattito sulle politiche migratorie italiane. Le decisioni giuridiche e le nuove normative sono destinate a influenzare profondamente le modalità di gestione dei flussi migratori e il trattamento dei richiedenti asilo nel paese. Mentre il governo cerca di implementare un approccio più rigido e strutturato, le questioni di diritto umano e le implicazioni legali di tali politiche rimangono al centro della discussione pubblica e politica.

In questo contesto, è essenziale monitorare gli sviluppi futuri, poiché le decisioni della Cassazione e le reazioni delle istituzioni europee potrebbero avere ripercussioni significative sulle pratiche di immigrazione e sui diritti dei migranti in Italia. La tensione tra la necessità di garantire sicurezza nazionale e la protezione dei diritti umani continuerà a essere una sfida complessa per il governo e la società italiana.

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