Dossieraggio, Burgio: “Uscita dati non è mai naturale”, Coviello: “Ho agito per pura curiosità”

Sull'inchiesta di Bari, l'ex comandante della Dia Burgio dichiara: "questo bancario (Coviello), che è abilitato a fare questo mestiere fa migliaia di ricerche per pura curiosità e tutte su una certa parte politica. Ancora una volta: non è normale"

Redazione
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L’ex comandante della Dia -Direzione Investigativa Antimafia – Carmelo Burgio ha raccontato a il Giornale cosa ne pensa dei casi di dossieraggio che si stanno verificando soprattutto contro una stessa parte politica. Intanto spunta una lettera di Vincenzo Coviello, il 52enne ex dipendente di Intesa San Paolo coinvolto nell’inchiesta di Bari, nella quale l’uomo chiede scusa alla banca per quanto successo e rassicura di aver agito solo per curiosità.

Dossieraggio, intervista a Carmelo Burgio

Carmelo Burgio, generale di corpo d’armata (Ris), già vicecomandante del Gis e poi comandante alla Dia, riflette sui casi di dossieraggio che stanno occupando la cronaca di questi mesi. Sia nel caso Striano che in quello dell’ex dipendente di Intesa Sanpaolo sono state spiate figure di spicco del mondo della politica e per Burgiol’uscita dei dati non è mai naturale perché questi sono conservati dalle istituzioni”. Quindi non è normale se vengono prese informazioni dai database pubblici dello Stato, che è l’unico che può schedare i suoi cittadini, e vengono date in pasto alla stampa.

Carmelo Burgio, dossieraggio
Carmelo Burgio

Racconta la sua esperienza in quanto capo reparto alla Dia e una delle attività che svolgeva era quella di controllare le segnalazioni delle operazioni finanziarie sospette. Tutto ciò che trovava lo inviava alla direzione antimafia di Roma. “Se, come Dia, vedevo che c’erano movimenti esagerati su una persona, interessavo la magistratura, non i giornali” dichiara, sottolineando che se le informazioni vengono invece date a un giornale perché si hanno idee politiche contro la persona della quale sono state acquisite notizie, si commette un’azione illegale.

Parla poi del fatto che nei casi di dossieraggio le vittime sono soprattutto esponenti di una parte politica in particolare e commenta: “È mai possibile che andiamo a incentrare tutta l’attenzione solo su una parte politica?”. Spiega che se “io faccio un’indagine, perché sono un carabiniere, e il procuratore mi dice che non posso interrogare una persona. Perché? Magari c’è una degnissima ragione, ma nessuno me l’ha mai spiegata”.

Sull’inchiesta di Bari commenta che è normale che se si spiano le banche dati è facile che si viene scoperti, perché i controlli sugli accessi sono continui. “Questo bancario, che è abilitato a fare questo mestiere – io non avevo gli accessi nemmeno quando ero generale di corpo d’armata – fa migliaia di ricerche per pura curiosità e tutte su una certa parte politica. Ancora una volta: non è normale”.

Burgio conclude dicendo che per lui si sta “facendo della pesca a strascico” per distruggere “un avversario” tramite l’uso di qualsiasi informazione che si ha a disposizione contro di lui.

La lettera di Coviello

L’ex dipendente di Intesa Sanpaolo indagato nell’inchiesta di Bari per aver spiato centinaia di conti correnti dei clienti della banca, a luglio, un mese prima di essere licenziato, scrisse una lettera alla banca per una richiesta di aspettativa non retribuita. Questo perché Coviello, richiamato dal direttore di filiale, sentiva il bisogno di intraprendere un percorso di supporto psicologico per guarire dalla sua “curiosità/compulsività”, tanto da assumersi le “responsabilità per eventuali danni patrimoniali e reputazionali che la Banca fosse chiamata a risarcire a causa dei fatti posti alla base del procedimento disciplinare”.

In questa missiva quindi si scusava e dichiarava di essersi pentito, sottolineando che “quei dati da me visionati, non solo non sono stati trasferiti a terzi ma che ovviamente non sono nella maniera più assoluta tra i miei ricordi“.

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