Giuliano Amato avverte il Paese: “La Consulta non si lottizza, ma rischia delegittimazione”

Il timore del Presidente emerito della Consulta è che questa possa non essere più riconosciuta dal Parlamento, in quanto rappresentante di una linea di pensiero che si allontana da quella dei governi di destra e populisti; un pericolo non trascurabile che pian piano si starebbe espandendo in tutto l'Occidente, come dimostra quanto accaduto in Polonia e Ungheria

Redazione
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L’ottavo voto nullo sul giudice della Corte costituzionale non avrebbe dovuto aprire una polemica riguardante la legittimità della candidatura di Meloni e sulle possibili fughe di notizie dal partito del premier, ma avrebbe dovuto far riflettere sulla salute del sistema politico italiano e delle sue collaborazioni con organi esterni. Lo ha sottolineato a La Repubblica il Presidente emerito della Consulta Giuliano Amato, che ha chiarito con precisione i dettagli più nascosti e allo stesso tempo più allarmanti di questa vicenda.

La candidatura di Francesco Saverio Marini non sarebbe realmente un problema per questioni di compatibilità o di scorrettezze nella nomina, ma perché sarebbe una delle prime dimostrazioni dell’incrinatura del Parlamento. Giuliano Amato, infatti, ha sostenuto che “l’errore commesso dal governo sulla Consulta è stato il tentativo di eleggere il proprio candidato senza cercare una condivisione con le opposizioni“. Nella consapevolezza della necessità di una maggioranza di 3/5 del Parlamento per l’elezione, i capigruppo della maggioranza avrebbero dovuto cercare quelli dell’opposizione per costruire un rapporto e soprattutto giungere ad una decisione.

Il fatto che questo iter non sia stato seguito potrebbe rappresentare, secondo Giuliano Amato, l’inizio della delegittimazione della Corte Costituzionale, non più ritenuta un organo esterno e autonomo rispetto all’esecutivo e soprattutto capace di prendere decisioni che siano sensate e corrette. Tale trasformazione rientrerebbe in un movimento piuttosto allarmante che sembrerebbe coinvolgere gran parte dell’Occidente. “Negli Usa c’è chi comincia a scrivere che sulle leggi federali l’ultima parola dovrebbe dirla non la Corte ma il Congresso. Lo si legge sul New York Times di venerdì” ha infatti avvertito Giuliano Amato.

Amato: “La Corte Costituzionale non si può lottizzare come la Rai

Tornando alla discussissima questione della nomina di Marini da parte di Fratelli d’Italia, il Presidente emerito ha sminuito la questione ricordando che “da sempre” è accaduto che gli schieramenti politici presentassero nomi di parte e che quindi non vi sarebbe da scandalizzarsi per quanto accaduto. Questo in particolare perché “la Corte costituzionale non può essere lottizzata“, come spiegato con veemenza da Giuliano Amato, che ha poi aggiunto: “Se un giudice costituzionale rendesse conto al partito che ce l’ha messo, ciò comporterebbe la totale delegittimazione della Consulta, e quindi una ferita per la democrazia“.

Giuliano Amato
Giuliano Amato, Presidente emerito della Consulta

Inoltre, secondo il Presidente emerito, Marini non avrebbe alcun tipo di problema di incompatibilità, nonostante sia il consigliere giuridico di Giorgia Meloni e autore del disegno di Legge sul Premierato. Amato ha infatti chiarito che la Consulta “giudica la costituzionalità delle leggi ordinarie, non degli emendamenti costituzionali, se non in casi eccezionali“. Quindi, l’unico e reale problema che questa candidatura rappresenterebbe è insito nell’iter stesso della sua presentazione, che non ha in alcun modo preso in considerazione un accordo con le opposizioni.

Questo, che reputo un tradimento delle procedure previste, è solo lo sbocco naturale di un processo di inaridimento del ruolo del Parlamento” ha avvertito con durezza il Presidente emerito, sottolineando il pericolo che le due Camere si trovino a svolgere il semplice e meccanico compito di “ratificare ciò che gli propongono i governi“. Allo stesso tempo, la Corte costituzionale andrebbe incontro ad una delegittimazione forzata, che nasce da una serie di fattori concomitanti, tra cui la “proliferazione di questioni bioetiche, come il suicidio assistito o il riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali” che vedono le decisioni della Consulta in totale disaccordo con quelle del governo.

Così viene a crearsi un problema non trascurabile che investe in tutto e per tutto il sistema Paese. “Il rischio è che le decisioni della Corte, adottate su un crinale molto difficile, non vengano accettate dalla classe politica, portata a dire: ma questi che vogliono? Tocca a noi decidere” ha dichiarato Amato, ricordando come questo stesso processo a si sia verificato sia nella Polonia di Tusk sia nell’Ungheria di Orban, dove le Corti non sono amate dai governi populisti di destra perché “tutelano i diritti di migranti, omosessuali, carcerati“.

Amato: “La Corte costituzionale non è una bizzarria

Il Presidente emerito ha poi cercato di spiegare come il fenomeno di delegittimazione della Corte sia un pericolo che il nostro Paese sta evitando ormai da anni. Amato ha infatti chiarito che tempo fa su un giornale “schierato a destra” lesse di un giudizio erroneamente collegato ai padri costituenti e in realtà appartenente solo a Palmiro Togliatti e Vittorio Emanuele Orlando. Secondo questi, infatti, la Corte costituzionale avrebbe rappresentato unabizzarria” ma per il semplice fatto che entrambi “non ammettevano che ci fosse qualcuno al di sopra dell’assemblea rappresentativa“.

La Corte invece nasce dalla volontà dei Padri costituenti di fuggire dagli orrori del nazismo e il fascismo degli anni ’30, che erano nati proprio “con tutti i crismi delle maggioranze parlamentari“. Ci si rese quindi conto della necessità di un organo esterno al Parlamento, che lo guidasse nelle decisioni e evitasse nuove ondate di violenza e prevaricazione. Ad oggi, quindi, secondo Amato sarebbe necessario ricreare una mentalità costituzionale“, soprattutto grazie al continuo e insostituibile apporto delle scuole, dove lo stesso Presidente emerito si reca per trattare proprio questi argomenti, nella speranza che gli errori del passato non vengano più commessi.

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