L’ex ministro dell’interno Marco Minniti è stato intervistato da Il Riformista a cui ha parlato della situazione di crisi mondiale, in particolare in Medio Oriente. Ad oggi Minniti è presidente della Fondazione Med’Or, che nasce nel 2021 per promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica, per rafforzare i legami internazionali tra l’Italia e i Paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (“Med”) e del Medio ed Estremo Oriente (“Or”).
Minniti: “Putin vuole destabilizzare il mondo”
Minniti ha riflettuto sul momento di crisi globale che stiamo vivendo e ha dichiarato che ci troviamo in un momento in cui il dialogo sembra impossibile e in cui la definizione dell’identità è un fattore destrutturante soprattutto se supportata da guerre. Per lui “il mondo non è mai stato come adesso sull’orlo di un precipizio”.
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Alla domanda se c’è un filo rosso tra la guerra in Ucraina e quella in Medio Oriente, Minniti ha risposto di sì e che è l’intenzione di Putin di destabilizzare il mondo. E ci starebbe riuscendo, lavorandoci giorno dopo giorno: “Mentre siamo nel punto più delicato della crisi tra Israele e la comunità internazionale, incarnata dall’Onu, il fatto che oggi Putin in Turkmenistan incontri il presidente iraniano Pezeshkian è icastico”, ha dichiarato.
Putin avrebbe questo obiettivo di destabilizzare il mondo per spianare la strada al suo nazional-imperialismo, a partire dall’Ucraina. Ha spiegato che questa strategia non è la stessa della Cina: mentre la Russia “ha perso definitivamente il ruolo di potenza mondiale”, la Cina vuole diventare protagonista dello scenario globale. E la destabilizzazione del mondo non porterebbe note positive a Pechino, perché “colpirebbe al cuore il modello cinese, basato sull’accettazione della non democrazia e crescita economica per uscire dalla povertà”. E in un mondo destabilizzato non ci sarebbe la crescita economica e le risorse per le politiche sociali, ostacolando così il modello cinese.
Israele non deve commettere errori
Passando poi alla situazione mediorientale, Minniti ha dichiarato che Israele ha avuto tutte le ragioni del mondo per rispondere all’attacco del 7 ottobre, ma adesso non può permettersi di sbagliare. E attaccando le basi Onu ha violato il diritto internazionale. Nonostante Israele ribadisca la necessità di applicare la risoluzione 1701 del 2006, che prevede l’azione di Unifil, attaccando le basi Onu “crea un corto circuito drammatico”, perché colpisce chi difende quella risoluzione.
Per Minniti Unifil serve a evitare una guerra totale in Libano: “Chiederei a Israele di non dimenticare il 2006, dell’invasione che ha portato a uno stallo militare, sicuramente non un successo”. Nel caso ci fosse una guerra totale in Libano le conseguenze negative sarebbero due: una per l’Ue che si troverebbe ad accogliere “un’ondata umanitaria come quella delle guerre avvenute ai confini orientali dell’Europa o nella Siria della guerra civile”; e una per i paesi arabi moderati che non sono alleati di Hezbollah, quindi “se collassa il Libano, il rischio è di mettere sotto tensione il mondo arabo moderato”.
Inoltre c’è la Turchia, che ha una posizione radicale contro Israele, situazione che “ci fa capire come si sia rovesciato un paradigma”, ha affermato, sottolineando che si riferisce al fatto che con le due guerre in corso “il rapporto tra economia e finanzia e collocazione geopolitico-strategica viene capovolto”.
Ha spiegato che la Turchia fino a poco tempo fa aveva il 90% di inflazione e non è fallita perché “l’Occidente non può permettersi che fallisca”, dato il suo “ruolo geopolitico spregiudicato ma importantissimo”. Il presidente turco Erdogan si è infatti occupato di trattare lo scambio dei prigionieri tra Stati Uniti e Russia e di proteggere i corridoi per il grano. “L’inflazione in Turchia rimane alta ma nessuno pensa che l’economia turca possa collassare. Mi auguro che questo messaggio arrivi presto anche in Europa” ha dichiarato.
Per questo non deve accadere una guerra totale in Libano, perché porterebbe Israele a un isolamento internazionale e soprattutto se continua ad attaccare le basi Onu si ritroverebbe in gravi problemi. L’esercito e l’intelligence israeliana hanno recuperato la fiducia del popolo israeliano e hanno dimostrato una grandissima capacità offensiva e difensiva “dando ad Israele una sorta di aurea di inattaccabilità”. Ma questa fiducia recuperata non deve portare l’esercito a esagerare per poter realizzare uno scenario di successo per Israele “che si può verificare il tempi rapidi”: Hezbollah che si ritira oltre il fiume Litani, l’esercito libanese che insieme a Unifil riprende il controllo della linea blu e i 70mila sfollati israeliani che tornano a casa.
E il governo libanese può gestire questa situazione, può dimostrare la sua autonomia da Hezbollah, perché anche se “debole e permeabile”, potrebbe essere fortificato da un’azione congiunta di Israele e l’intera comunità internazionale. Per Minniti la risposta di Israele contro Hezbollah è legittima, ma non bastano le armi, serve anche “un’intelligenza politica per costruire un punto di arrivo più avanzato”. La sola risposta militare non basta, Israele deve allearsi con l’Occidente e con i paesi arabi, questo perché oggi “la sicurezza è un insieme di capacità militari e di forza diplomatica”.
L’attacco a Unifil rischia di rovinare i rapporti di Israele e l’intero Occidente, perché dentro Unifil ci sono sedici paesi europei, e rischia di mettere in discussione “un legame indissolubile, quello tra Israele e Stati Uniti”. Questo porterebbe a un mondo più instabile. E il governo israeliano non può rischiare di essere in qualche modo coinvolto, politicamente, “in una delle campagne elettorali più drammatiche della storia degli Stati Uniti”. Ha sottolineato che “dimostrare l’ininfluenza degli Stati Uniti è soltanto giocare con gli equilibri del pianeta”.
Riguardo all’attacco dell’Iran Minniti ha dichiarato che non aveva alcun diritto sul piano del diritto internazionale di attaccare Israele, quindi “la risposta di Gerusalemme è e sarà legittima”. Ma anche qui Israele non deve commettere errori: “Non deve attaccare gli impianti di arricchimento dell’uranio e non deve bombardare le piattaforme petrolifere: le conseguenze sarebbero inimmaginabili su scala mondiale”.
Minniti ha concluso tirando le somme della crisi globale. Per lui, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, l’Europa e l’Occidente hanno risposto “con fermezza”, mentre i paesi “non allineati” hanno preso come punti di riferimento i Brics e la Shanghai Cooperation Organization. Questi paesi non allineati non hanno una comune visione strategica, ma hanno solo l’obiettivo di “contare di più nel mondo”. L’Occidente quindi deve saper costruire con loro un dialogo, un legame: “un nuovo ordine mondiale, dopo che quello precedente è entrato in crisi, non si può costruire senza il global South”. E sarebbe un gravissimo errore lasciarlo a Russia e Cina.
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