Il primo ministro ungherese e attuale presidente del Consiglio dell’Ue Viktor Orban ha mostrato ieri a Strasburgo le sue riflessioni su come l’Unione Europea dovrebbe evolversi, facendo anche un excursus sull’evoluzione dell’Unione in questi ultimi anni. Il discorso del leader ungherese ha anticipato il dibattito con gli eurodeputati al Consiglio europeo che si tiene oggi. Un passaggio importante è stata la rassicurazione che l’Ungheria “non ha alcuna intenzione” di lasciare l’Unione Europea, quindi non vuole seguire l’esempio del Regno Unito.
Orban è da decenni presente nella scena politica: è primo ministro dell’Ungheria sin dal 2010, carica ricoperta anche dal 1998 al 2002. Attualmente ricopre anche il ruolo di presidente del Consiglio dell’Ue e ieri ha ricordato che quando svolse questo ruolo per la prima volta era il 2011 un periodo non facile come quello di oggi date le “primavere arabe” e “l’incidente nucleare di Fukushima”, in Giappone. Ma oggi la situazione appare molto più seria, a causa delle guerre in Medio Oriente, in Africa e in Ucraina, che impattano sull’Europa.
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Orban: competitività, migrazioni, sicurezza
Al primo posto del suo piano troviamo la competitività, punto che verrà approfondito a Budapest, nel Consiglio Europeo informale dell’8 novembre, con l’ex presidente della Bce Mario Draghi. Per Orban l’Ue è in continua perdita sul piano della competitività, come detto anche da Draghi e dal presidente francese Emmanuel Macron, il quale ha avvertito che “l’Europa potrebbe morire”. Per rimediare a questa situazione è “nostro dovere mostrare al Parlamento Europeo la via: l’Europa deve cambiare“ e diventare più competitiva.
Sulle migrazioni dichiara che per lui, la “crisi migratoria non è finita” e che quando si parla di politiche migratorie sin dal 2015 “mi danno o dell’idiota o del malvagio”, ma è sicuro che alla fine tutti gli daranno ragione: “Servono hotspot esterni”. Per il leader ungherese, la politica migratoria europea “non funziona” e l’immigrazione illegale è un fattore che aumenta il rischio di atti antisemiti, di violenza sulle donne e omofobia.
A dargli ragione è il numero in aumento dei Paesi membri che per difendere le loro frontiere stanno reintroducendo i controlli di confine. Secondo lui i paesi dell’area Schengen – i 27 stati europei che hanno abolito le frontiere interne – “dovrebbero riunirsi regolarmente”, così come fanno tutti i paesi dell’area euro con l’Eurosummit.
Anche la politica di sicurezza europea è un punto importante che verrà discusso al Consiglio Europeo di Budapest a novembre. Sottolinea poi l’importanza dei Balcani in Europa, ricordando che sono “vent’anni” che l’Ue ha promesso a questi Paesi di poter entrare, ma “senza la Serbia il processo non sarà mai completo”. Inoltre aggiunge che Romania e Bulgaria dovrebbero entrare nell’area Schengen, poiché per lui “sono pronte a difendere i confini esterni dell’Ue”.
Orban ritiene che un altro settore di grande importanza per l’Ue sia l’agricoltura, che sarà una delle priorità di Budapest, per “rendere l’Europa di nuovo grande”, citando “make America great again” di Donald Trump. Riguardo proprio alle elezioni Usa, invece, dichiara ironicamente che “se tornerà Trump stapperemo diverse bottiglie di champagne”.
Guerra Ucraina
Sulla questione della guerra in Ucraina afferma che in Ungheria “abbiamo un’opinione diversa dalla maggioranza degli altri Paesi”, dato che appoggia Mosca, mentre molti dei paesi europei appoggiano Kiev. Sostiene che “l’intenzione è avere un cessate il fuoco il prima possibile, perché non è possibile vincere sul campo di battaglia”. “Quello che stiamo facendo è perdere, perdere, perdere” incalza, dichiarando di non condividere la strategia europea e insiste per crearne una nuova: “Non è mai successo nella storia che nella guerra non ci fosse comunicazione” tra i belligeranti. L’Ungheria ha esperienza con i russi, dato che anche se oggi è nella Nato, “per molto tempo siamo stati una zona cuscinetto”.
Orban racconta poi degli incontri con Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, che hanno fatto emergere la convinzione di entrambi i leader “che il tempo sia dalla loro parte. Quindi non vogliono un cessate il fuoco e la pace: vogliono continuare a combattere. Il che non è positivo per l’Europa”. Quindi l’Ue dovrebbe trovare un modo per creare “un ambiente internazionale che li spinga a comunicare, verso un negoziato“. Ma afferma che questa proposta non è stata accolta e per lui la situazione attuale è che se la maggioranza del mondo vuole la pace, l’Ue vuole la guerra.
Élite europea
Per il leader ungherese il problema è “l’élite europea”, che pensa di essere mainstream e “tenta di gestire la politica europea” vivendo nella “bolla” bruxellese, mentre i popoli non condividono queste politiche. Quindi, l’élite “ci vede, noi Patrioti o l’Ecr, come pericolosi, perché rappresentiamo la volontà del popolo”. Il suggerimento è che “ci calmiamo tutti” e che si inizi a dialogare perché l’Europa ha bisogno di grandi cambiamenti, che se non verranno apportati dall’élite “dovremo metterla da parte”. Ma “anche loro potrebbero essere parte del cambiamento: nessuno vuole buttarli fuori”.
Per lui il biennio 2015-2016 è stato quello in cui in Ue “è cambiato tutto”. Per esempio riguardo alle migrazioni, che “non sono un problema tecnico, ma rivelano come la pensi sulla tua comunità nazionale e sugli stranieri”. E l’Ue ha preferito applicare una politica comune, invece che lasciar scegliere ai singoli paesi.
E anche la Brexit ha rovinato l’equilibrio europeo, che consisteva nei “francesi, i tedeschi, e probabilmente la maggioranza dei membri fondatori” che stavano da una parte, mentre “quelli dell’est e i britannici dall’altra parte”. Ma l’uscita del Regno Unito ha portato a un momento molto difficile, “perché molte proposte che vengono dalla Commissione vorrebbero centralizzare sempre di più” le politiche, “e a noi questa cosa non piace”.
Le istituzioni per lui sono “la cosa più importante, ma quando arrivano i problemi” non bastano. Servono invece “leader forti, eletti, che siano determinati”. E ad oggi non preoccupa la mancanza di leader, ma proprio “la cultura della bolla”. In Ungheria c’è una maggioranza più stabile e crede che questo sia il problema degli altri paesi: se anche in altri paesi ci fosse la stessa stabilità nella maggioranza, anche loro potrebbero avere leader forti.
Orban chiude il discorso rivendicando il diritto di proporre le sue riflessioni in Europa: “Non sta scritto da nessuna parte che il primo ministro ungherese debba stare sempre zitto. Sono qui a rappresentare l’interesse nazionale degli ungheresi e vorrei fare accordi e compromessi con gli altri”.
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