La radio compie 100 anni, ma è ancora estremamente giovane

Erano le 21 del 6 ottobre 1924 quando è stato trasmesso il primo annuncio radiofonico ufficiale: la voce della prima conduttrice dell’URI, Unione Radiofonica Italiana, Ines Viviani Donarelli, comunicava il concerto di inaugurazione della 1-RO, prima stazione radiofonica italiana

Caterina Sabusco
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La radio oggi compie 100 anni: ieri il Presidente Sergio Mattarella, ha sintetizzato un secolo del medium come un “pilastro nella costruzione civile e democratica del nostro Paese, diffondendo il pluralismo, promuovendo il dialogo e la partecipazione, trasmettendo alfabetizzazione e cultura”.

Il bisogno di inventare un sistema di comunicazione affidabile per la copertura di grandi distanze è alla base della trasmissione della voce umana attraverso un mezzo senza fili. Sistema che ha avuto un’evoluzione continua e parallela all’aumento della complessità della società: nelle popolazioni primitive suoni codificati venivano trasmessi con dei tamburi realizzati da tronchi cavi ricoperti da pelli di animali, ma occorre fare un salto in avanti di diverse migliaia di anni per arrivare all’invenzione dell’innovazione tecnologica di Guglielmo Marconi. Il modo di comunicare era stato ormai rivoluzionato ed in breve la radio divenne di uso domestico, un nuovo mezzo di comunicazione di massa.

Inizialmente le trasmissioni radiofoniche erano rudimentali, ma furono di fondamentale importanza perché dalla loro evoluzione si arrivò all’attuale e diversificato sistema di broadcasting. Di intrattenimento ed informazione, durante il secondo conflitto mondiale, la radio, è stato il principale medium per diffondere le notizie e mantenere l’unità nazionale, la resistenza e resilienza.

Grazie alla radio ogni angolo dell’Italia veniva raggiunto dalle notizie e dalla cultura. Superando barriere sociali e geografiche, la radio rappresentava una finestra sul mondo, aveva un importantissimo ruolo educativo e linguistico, perché la radio ha ‘insegnato a parlare agli italiani’.

Interessante, ma non più troppo attuale, la riflessione sul mezzo radiofonico del tedesco Rudolfh Arnheim, naturalizzato statunitense, psicologo, teorico del cinema e critico dell’arte, perché lo portò a parlare di arte radiofonica ed arte dell’ascolto. Descrivendo un mondo “organizzato ad orecchio” affermò l’esistenza di solo due arti capaci di rinunciare completamente all’occhio: la musica e la radio. Riconoscendo quelle da lui definite “smagliature del mezzo”, imperfezioni e deficienze, dovute alla mancanza rispetto al cinema della sfera del visivo, più ricca sensorialmente, arriverà a sottolineare la perfezione della radio in quanto lo spettatore concentrandosi esclusivamente sulla musica e sulla parola aveva un ampio spazio per il pensiero e l’elaborazione critica.

La radio grazie alla sua capacità di evolversi, di adattarsi ha un ruolo persistente nella società contemporanea, in un contesto moderno dominato dai social media. Con la digitalizzazione la radio ha subito una ulteriore rivoluzione e trasformazione: lo streaming on line, i podcast e le app la rendono accessibile ad un vasto e diversificato pubblico anche in mobilità, tramite gli smartphone o dispositivi connessi ad Internet. Gli ascoltatori, inoltre, possono maggiormente interagire con le emittenti radiofoniche in virtù della loro integrazione con le piattaforme social.

Medium immediato per accedere alle notizie in tempo reale, soddisfa ogni interesse dei numerosi ascoltatori quotidiani con trasmissioni diversificate nei contenuti sia locali che globali. Coinvolge, emoziona, rappresenta una piacevole compagnia nelle varie attività della giornata.

Nel futuro la radio continuerà ad evolversi grazie alla sua flessibilità e probabilmente si orienterà verso contenuti sempre più personalizzati ed innovativi.

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