La Russa: “Cittadinanza non priorità nel programma del governo”

Il presidente del Senato ha dichiarato che prima è necessario mettere a punto il programma del governo, e solo in seguito sarà possibile affrontare il tema della cittadinanza

Redazione
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Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, intervistato alla manifestazione “Iulius- Festa Tricolore” organizzata dal coordinamento provinciale di Fratelli d’Italia a Padova, ha affrontato diversi temi, tra cui la riforma della cittadinanza, la manifestazione pro Palestina a Roma e la questione ultras.

La Russa sulla cittadinanza: “Non una priorità”

Per La Russa la riforma della cittadinanza ad oggi non è una priorità nel programma del governo. È un punto che potrà essere affrontato in futuro magari, “ma non prima della realizzazione del programma di governo”. Il presidente del Senato spiega che il modo sano per fare opposizione è quello di limitare quelli che vengono considerati danni della maggioranza. Ma se si è già alla maggioranza, “la stessa problematica va affrontata in una fase precedente alle elezioni, con un programma con l’adesione di tutte le forze”.

“Se non c’è l’adesione, non si mette nel programma, perché nel programma si mettono” solo quei temi che possano “rafforzare la coalizione” e bisogna “evitare che si finisca qualche volta” per “usare strumentalmente un argomento, non tanto perché diventi legge”, ma per arrivare allo scontro, come per esempio, tra Fi e Lega. Aggiunge quindi che ha fatto bene ieri Salvini a scusarsi con Tajani per gli insulti dei giovani leghisti. E “bene farebbe Tajani a dire che le priorità di realizzazione vanno a punti fissati concordemente nel programma di governo. Questo tema può essere affrontato ma dopo”, ha puntualizzato La Russa.

Il presidente del Senato Ignazio La Russa
Il presidente del Senato Ignazio La Russa

Il presidente del Senato racconta di quando si trovava all’opposizione e presentò due emendamenti “che sono più avanti di quanto proposto da FI” sulla cittadinanza e che vennero bocciati anche dalla stessa FI. Questi prevedevano che chi era nato in Italia ed era figlio di genitori stranieri stanziati legalmente nel nostro paese, finita la scuola, aveva il diritto di diventare italiano. Al termine della terza media era previsto un piccolo colloquio con due professori per verificare che il ragazzino avesse acquisito il rispetto per i valori della nostra Costituzione. Si prevedeva inoltre che la scuola celebrasse i nuovi italiani. “Era il tentativo di limitare una legge che allora apriva a chiunque il riconoscimento del diritto alla cittadinanza”.

Manifestazione pro Palestina e questione ultras

Commentando la manifestazione pro Palestina non autorizzata che si è tenuta ieri a Roma, La Russa ha dichiarato che non è a favore dei divieti, perché “di divieti nella mia vita ne ho subiti decine, forse centinaia, ci vietavano addirittura i comizi”. Ma si scaglia sicuramente contro i contenuti della manifestazione, trovando incredibile il fatto che alcune forze politiche possano far passare come normale una manifestazione che ha come obiettivo “un applauso a quanto accaduto il 7 ottobre dell’anno scorso, un tentativo di legittimare una strage terroristica. Questo passa nella migliore delle ipotesi quasi come una parificazione tra Hamas e Israele ma non è così”.

Durante un incontro trasmesso in streaming, il presidente del Senato ha voluto precisare la sua posizione sul Medio Oriente, dichiarando che il 7 ottobre è stato un “atto criminale” e “non reagire per Israele significherebbe essere scomparso da molti anni. Una via di mezzo sarebbe a portata di mano se si trovasse il modo di limitare la teocrazia in Iran”, ha aggiunto.

In merito alle inchieste sugli ultras di Inter e Milan, indagati per associazione a delinquere con l’aggravante del metodo mafioso, estorsione, lesioni e altri gravi reati, La Russa ha dichiarato che anche negli stadi devono essere perseguiti i reati e non possono essere considerati una zona franca. “Per troppo tempo gli stadi sono stati una zona franca. Prima negli stadi c’era la polizia”, poi è stato ritenuto fosse meglio evitarlo “ma concettualmente ha significato che lo stadio è un’altra cosa rispetto a tutto il territorio nazionale, dove la sicurezza è assicurata da polizia e carabinieri”.

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