Il ministro per le Riforme istituzionali, Elisabetta Casellati, ha comunicato che il percorso verso il premierato continua senza ripensamenti, come già affermato dalla Presidente Giorgia Meloni durante l’assemblea degli industriali. Casellati ha sottolineato che l’instabilità dell’attuale forma di governo ostacola la funzionalità dello Stato, rende difficile la programmazione e le riforme, oltre ad aumentare i costi e far lievitare lo spread. Secondo lei, è un dovere intervenire.
Durante le audizioni in Commissione Affari Costituzionali a Montecitorio, si è proseguito con l’esame del disegno di legge sul premierato, già approvato in prima deliberazione dal Senato. Tra gli esperti ascoltati vi era Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale, il quale ha interrogato i parlamentari sulla preparazione dell’Italia per un sistema presidenziale o di premierato, richiamando i riferimenti aristotelici sull’autorità e sulla tirannide. Ha aggiunto che, sebbene la creazione di un premierato all’italiana non sia problematica, è essenziale prestare attenzione alla legge elettorale, paragonandola a una scarpa nuova che inizialmente può risultare stretta, ma alla quale ci si abitua. Riguardo a un possibile cambio di denominazione del presidente del Consiglio in primo ministro, ha ricordato che l’Assemblea Costituente aveva scelto di mantenere il titolo di “presidente del Consiglio” per sottolineare il concetto di primus inter pares. Ha inoltre avvertito che l’eliminazione di figure di grande prestigio come i senatori a vita potrebbe portare a una diminuzione della stabilità, rendendo più difficile la formazione di governi tecnici.
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Premierato: alcuni dubbi
Francesca Rosa, professoressa di diritto pubblico comparato, ha sollevato dubbi sull’elezione diretta del premier, affermando che potrebbe oscurare l’importanza delle elezioni delle camere. Ha osservato che, sebbene a livello regionale si sia riusciti a garantire stabilità agli esecutivi, ciò ha comportato una marginalizzazione delle assemblee legislative. Ha anche evidenziato che la crisi dei parlamenti non è esclusivamente italiana, ma rappresenta una tendenza generale del tempo attuale, e ha ritenuto che il disegno di legge non affronti adeguatamente le problematiche emerse negli ultimi 25 anni. Ha infine criticato la mancanza di strumenti di riequilibrio, come uno statuto delle opposizioni e meccanismi di controllo, ritenendo che ciò rappresenti un problema per i pesi e contrappesi del sistema.
Giovanna Razzano, professoressa di Istituzioni di diritto pubblico, ha condiviso l’opinione che, nel caso di approvazione della riforma del premierato, sarebbe opportuno cambiare la denominazione del presidente del Consiglio in “Primo ministro”.
Infine, il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ha espresso preoccupazioni riguardo al voto degli italiani all’estero, sottolineando che il sistema attuale è vulnerabile a manipolazioni e che, con 6 milioni di voti, la loro influenza potrebbe diventare decisiva nel caso di un’elezione diretta del presidente del Consiglio. Ha condiviso aneddoti del suo passato come ministro dell’Interno, mettendo in evidenza le difficoltà legate al voto all’estero. Amato ha avvertito che la riforma potrebbe indebolire il ruolo del Capo dello Stato, non tanto per i poteri formali, quanto per il generale potere di influenza che rappresenta. Ha infine criticato l’idea che un presidente del Consiglio direttamente eletto possa sovrastare la figura del Presidente della Repubblica, evidenziando che la riforma sembra promettere risultati che in realtà non garantisce. Secondo lui, l’elezione diretta potrebbe portare a un gioco di palazzo, dove i partiti minori esercitano una pressione indebita sulla formazione del governo, compromettendo la stabilità e la governabilità.
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