Regina Coeli, l’emblematico caso sulla gestione dell’emergenza penitenziaria

La UILPA Polizia Penitenziaria solleva il caso dell’istituto penitenziario Regina Coeli e di altre carceri del Lazio, denunciando il mancato impiego del personale specializzato e l’inefficacia delle misure previste dal Protocollo d’Intervento Regionale e dalle direttive ministeriali del 2020

Lucrezia Caminiti
6 Min di lettura

La situazione all’interno delle carceri del Lazio, e in particolare a Regina Coeli di Roma, ha ormai raggiunto livelli inumani. Non solo il sovraffollamento, i suicidi, le denunce delle condizioni di vita da parte dei detenuti e di chi ci lavora fanno da eco ad una situazione ormai al collasso. Dopo quello che è successo scorsa settimana nel carcere della Capitale, uno spettacolo raccapricciante di fuoco e urla messo in piedi dai detenuti in protesta, è emersa tutta la fragilità e l’abbandono del sistema carcerario da parte delle autorità competenti.

A denunciarne l’accaduto la UILPA Polizia Penitenziaria che si sente lasciata sola dal Provveditorato Regionale e dalla Direzione Generale del Personale del DAP. Ad oggi istituti penitenziari e personale carcerario si trovano a gestire un inferno quotidiano senza adeguato supporto e tutele.

Disordini e sovraffollamento a Regina Coeli

Mettiamo in fila i fatti, che sono sempre gli unici e parlano chiaro. La popolazione carceraria nel Lazio ha toccato il picco drammatico di 9.130 detenuti al 20 luglio 2024, con Regina Coeli che scoppia letteralmente sotto il peso del sovraffollamento. Questi numeri, secondo la UILPA, rappresentano la capienza mai raggiunta negli ultimi anni e sono il chiaro segnale di una crisi fuori controllo. Le strutture non sono in grado di sostenere una tale pressione e il personale, sempre più ridotto e demotivato, si ritrova a fronteggiare una situazione esplosiva senza strumenti, senza direttive chiare e con un’amministrazione fantasma.

A peggiorare ulteriormente il quadro, la denuncia dell’assenza di qualsiasi riconoscimento economico o incentivo per il personale impegnato in prima linea. Gli agenti sono stati lasciati a gestire l’impossibile, con straordinari non pagati, indennità per sede disagiata non corrisposte, e nessun piano concreto di supporto. Un risultato prevedibile: dimissioni di massa e personale trasferito verso incarichi meno logoranti. L’amministrazione, dichiarano i sindacati, ha fallito nel dare anche solo il minimo riconoscimento a coloro che ogni giorno affrontano situazioni di altissima tensione.

Cosa sono i “gruppi intervento operativi regionali”?

L’emergenza più evidente è il mancato utilizzo dei “gruppi intervento operativi regionali”, figure istituite durante il periodo Covid e, come si legge nel decreto del 2020, corpi specializzati per intervenire in caso di emergenze all’interno delle carceri. Questi corpi, concepiti per garantire una risposta rapida e adeguata, avrebbero dovuto essere un pilastro della gestione delle situazioni critiche, ma sono stati completamente ignorati.

Ad oggi queste figure dovrebbero essere costituite da un gruppo similare ma ben lontano da essere formato, il GIO, Gruppo di Intervento Operativo, una forza speciale istituita dal ministro della Giustizia Nordio per affrontare situazioni di emergenza all’interno delle carceri.

A questo punto le domande sorgono spontanee: se il GIO non c’è ma al suo posto esiste un corpo preparato e formato perché non usarlo come risorsa? Come vengono gestite le emergenze nelle carceri se i corpi formati in precedenza non vengono presi in considerazione e i nuovi corpi di Nordio sono ancora in uno stato embrionale? Perché, nonostante le avvisaglie dei disordini carcerari siano sempre più frequenti, i tempi dell’attivazione del Programma Operativo Regionale sembra non essere stato tempestivo nella tragedia dell’altra notte a Regina Coeli?

È una negligenza inaccettabile”, sottolinea la UILPA, dichiarando come il mancato impiego di questi gruppi di intervento abbia esposto il personale a rischi enormi, senza alcuna preparazione adeguata ad affrontare il caos che sta travolgendo le strutture penitenziarie.

La circolare Ostellari del 2023: altre direttive disattese

Non meno grave è il mancato rispetto delle direttive contenute nella circolare Ostellari del 2023, inviata a settembre di quell’anno con numero 3702/6152. Tale circolare stabiliva interventi chiari e immediati per far fronte alla crisi in corso: la redistribuzione dei detenuti, il rinforzo del personale, e la creazione di un piano d’emergenza in caso di disordini. Eppure, denunciano i sindacati, queste misure sono rimaste lettera morta, lasciando gli istituti penitenziari del Lazio in balia di una gestione inefficace. “Sembra che per l’amministrazione centrale le nostre carceri non esistano“, è l’amara constatazione del coordinamento UILPA.

Una richiesta di confronto immediato e interventi urgenti

Il sindacato chiede ora con forza un incontro immediato con il Provveditore Regionale e la Direzione Generale del Personale del DAP, per discutere delle misure necessarie a fermare questa deriva. “Non è più possibile tollerare una gestione tanto irresponsabile“, si legge nel comunicato. Gli agenti sono stanchi di lavorare in condizioni insostenibili, i disordini sono all’ordine del giorno, e la sicurezza stessa dei detenuti e del personale è ormai appesa a un filo.

Le promesse fatte non sono state mantenute, le direttive non sono state seguite, e noi paghiamo il prezzo di questa incapacità amministrativa ogni singolo giorno” conclude UILPA, che non esclude ulteriori azioni di protesta se non verranno presi provvedimenti rapidi e concreti per ristabilire la sicurezza all’interno delle carceri. La gestione del sistema penitenziario, se non affrontata con la dovuta sistematicità, rischia di precipitare in una crisi senza ritorno. Il tempo è già scaduto e l’amministrazione non può più permettersi di ignorare gli allarmi che continuano a suonare da mesi.

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