ENI-Nigeria, Procura di Brescia chiede 8 mesi per i PM De Pasquale e Spadaro

Secondo i PM bresciani Donato Greco e Francesco Milanesi i PM di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro (ora alla Procura europea) non avrebbero adempiuto agli obblighi processuali avendo nascosto atti favorevoli agli imputati

Redazione
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La Procura di Brescia ha richiesto otto mesi di reclusione per i PM di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, attualmente passato alla Procura europea; per i giudici bresciani entrambi colpevoli di essere “in insanabile contrasto con il ruolo del pm”. La condanna, che non è stata sospesa perché il reato potrebbe essere reiterato, si riferisce al rifiuto di mettere a conoscenza gli imputati di elementi utili a valutare l’attendibilità di Vincenzo Armanna, accusatore di Eni.

A segnalare la questione con mail al capo della procura Francesco Greco era stato il PM Paolo Storari, che aveva segnalato la contraffazione delle chat da parte di Armanna. Evidenziando anche che lo stesso Vincenzo Armanna aveva intrattenuto con i due testi d’accusa nigeriani rapporti economici, avendo versando loro 50mila euro.

I pm di Brescia e l’obbligo di depositare gli atti

Gli elementi forniti da Paolo Storari, che erano stati acquisiti nell’indagine “falso complotto”, furono definiti dal pm De Pasquale “ciarpame” e non prove autonome. E nella requisitoria il pm Greco ha messo in risalto come i pm di Milano avrebbero tenute nascoste le prove che “dimostravano l’inattendibilità” di Vincenzo Armanna, il manager licenziato dall’Eni e considerato vera e propria “architrave” del processo.

Secondo il pm Greco le difese dovevano essere messe a conoscenza che Vincenzo Armanna “aveva manipolato le chat e pagato testimoni”. Sul comportamento omissivo di De Pasquale e Spadaro si sofferma il pm bresciano Francesco Milanesi, il quale sottolinea come i due pm milanesi si sarebbero si sarebbero vantati di essere gli “unici con una conoscenza enciclopedica sul processo Eni Nigeria e quindi i soli in grado di valutare gli elementi portati da altri soggetti”.

Eni-Nigeria, dopo otto anni di indagini nel 2021 tutti assolti

Tre anni di dibattimento e 74 udienze hanno portato nel 2021 all’assoluzione degli imputati. La sentenza del collegio di tre giudici, presieduta da Marco Tremolada, ha mandato assolti tra gli altri l’amministratore delegato di Eni Claudio De Scalzi e del suo predecessore Paolo Scaroni.

Poi nel luglio del 2022, con la rinuncia a proporre appello da parte della Procura generale, si è chiuso definitivamente il processo incardinato intorno a quella che avrebbe dovuto essere la più grande tangente della storia italiana: oltre un miliardo che sarebbe servito ad Eni e Shell per accaparrarsi un ricchissimo giacimento petrolifero prospicente le coste nigeriane.    

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