La recente risoluzione votata oggi a Strasburgo ha nuovamente messo in luce le profonde divisioni interne ai partiti italiani in merito al conflitto in Ucraina, confermando che il sostegno a Kiev non è affatto scontato. In particolare, il dibattito si è infiammato sul controverso tema dell’utilizzo di armi occidentali per colpire obiettivi sul territorio russo, con fratture evidenti sia nella maggioranza di governo che nell’opposizione.
La risoluzione approvata dal Parlamento Europeo richiede di continuare a sostenere Kiev, sollecitando la rimozione delle attuali restrizioni che limitano l’impiego di armi in operazioni offensive al di fuori dei confini ucraini. Il punto più contestato è stato il paragrafo 8, che autorizza esplicitamente l’uso di tali armi in territorio russo. Nonostante i tentativi di eliminare questo passaggio, la clausola è rimasta nel testo finale, accentuando ulteriormente le divisioni politiche.
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Centrodestra diviso
All’interno della maggioranza di governo, Fratelli d’Italia ha votato a favore della risoluzione finale, nonostante la contrarietà iniziale espressa contro l’uso delle armi oltre i confini ucraini. Un episodio significativo ha riguardato due europarlamentari del partito, Magoni e Razza, che hanno sostenuto il paragrafo incriminato, salvo poi correggere il voto dopo che una nota ufficiale ha chiarito che si trattava di un errore.
In casa Forza Italia, le divergenze sono emerse chiaramente: se da un lato il partito ha appoggiato la prosecuzione dell’aiuto a Kiev, dall’altro si è frammentato sul tema delle armi in Russia. Il vicepremier Antonio Tajani aveva chiaramente espresso la sua opposizione a questa ipotesi, ma alcuni esponenti, come Falcone, Salini e Princi, hanno votato a favore. Altri, come Dorfmann, si sono astenuti, mentre una terza fazione, rappresentata da De Meo, Tosi e Chinnici, si è schierata contro.
La Lega ha mantenuto una posizione più coerente e contraria, votando sia contro il sostegno a Kiev che contro l’uso di armi sul territorio russo, bocciando infine l’intera risoluzione.
Spaccature anche nel centrosinistra
Le divisioni non sono mancate neanche nel campo dell’opposizione, soprattutto nel Partito Democratico. Il gruppo dem aveva dato indicazione di votare contro l’utilizzo di armi in Russia, con molti parlamentari che hanno rispettato la linea, tra cui Benifei, Corrado, Decaro, Laureti, Ricci, Ruotolo, Zan e Zingaretti. Tuttavia, due figure di spicco, Giuseppina Picierno ed Elisabetta Gualmini, hanno votato a favore del paragrafo 8, alimentando un dibattito interno al partito. Si è inoltre registrata l’assenza di molti europarlamentari, tra cui nomi di peso come Bonaccini, Moretti e Nardella, con quest’ultimo che ha poi dichiarato di essere favorevole alla misura.
Anche sulla risoluzione complessiva il PD si è trovato diviso: mentre la maggioranza ha votato a favore, Cecilia Strada e Marco Tarquinio si sono astenuti.
M5S e Avs: opposizione compatta
Diversamente, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra hanno mantenuto una linea unitaria e contraria alla risoluzione, riaffermando il loro scetticismo verso ogni forma di escalation militare e la loro contrarietà all’uso delle armi in Russia.
Uno scenario politico frastagliato
La votazione di Strasburgo ha così mostrato una politica italiana in ordine sparso, incapace di trovare un fronte comune su uno dei temi più delicati e strategici a livello internazionale. La questione dell’Ucraina e dell’intervento militare continua a creare malumori e spaccature, lasciando presagire che il dibattito su come e quanto sostenere Kiev, e su come affrontare il rapporto con Mosca, rimarrà centrale nei prossimi mesi.
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