Lo scorso 15 settembre ricorreva il 18esimo anniversario della scomparsa di Oriana Fallaci. Triste rendersi conto che in pochi abbiano sfruttato il ricordo per parlarne in chiave d’attualità, forse perché anche solo il nome provoca dissenso e inquietudine. Sarebbe, invece, estremamente intrigante, nonché utile, analizzarla per immaginare le sue reazioni, opinioni e risposte nello scovare la verità delle ingiustizie e dei dilemmi di questi ultimi vent’anni.
Essere Oriana Fallaci vuol dire vestire di una fiera andatura scandita da passo deciso. Avvolgersi in uno speziato profumo di intelligenza, amore, bellezza e libertà, coscienza, volontà. Essere Fallaci significa farsi ricordare per lo sguardo lucido, ipnotico, profondo, incorniciato da spessa matita nera e racchiuso tra corrugate sopracciglia. Farsi sentire con voce leggermente rauca e lievemente accentata da tono fiorentino. Affascinante lei, con la sigaretta appoggiata a lato della bocca, con quell’aria sfidante e sfrontata ma con l’accenno di un sorriso rassicurante. Affascinante il suo essere femmina, donna e femminista.
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Marmorea, categorica, irremovibile ma sensibile alle percezioni e alle sfumature emozionali della vita. Lei, duramente inscindibile, non per proteggersi dagli attacchi ma per poter essere com’era. Per poter essere libera di pensare ciò in cui credeva e di poterlo dire, scrivere e far sapere. Non c’erano poteri politici, giudizi, offese che potessero farla vacillare. Aveva le sue opinioni ed aveva il coraggio di averle. Cristalline e puntuali designate dall’irrefrenabile intenzione di farle comprendere nei modi più naturali, limpidi e diretti possibili.
Essere Fallaci significa anche ideare le interviste-interrogatorio per cui divenne famosa e temuta, ed anche scrivere lettere autobiografiche o a mo’ di dialogo aperto con interlocutori vari. Signora Fallaci, in molti la definiscono un personaggio controverso. Rimane difficile, però, ritrovare questa definizione nello scrittore, giornalista e storico che era. Non pare lei possa essere oggetto di interpretazioni incerte e dibattute. Senza scandalo, utilizza il maschile delle professioni che esercitava. Perché lei non aveva bisogno di “essere femminista” e di certo il genere di un sostantivo non le sottrae autorevolezza, né valore o credibilità. Si era fatta strada da sola e in un ambito che all’epoca era quasi totalmente da dopobarba e cravatta.
“Controversa”. Forse, per attribuirle questo titolo, chi lo ha pensato, doveva sentire un certo fastidio, prurito, ronzio. Proprio per il suo modo di essere, per le sue idee intaccabili che non mutavano a seconda del programma televisivo cui era invitata, non mutavano a seconda del giornalista che la intervistava né tantomeno mutavano per accontentare una fazione piuttosto che un’altra.
Essere oggettivi ed essere corretti in questioni oggettive, implica non appartenere ad un credo definito e categorizzato. Piuttosto, se lo si desidera, si va per differenze e contrapposizioni, scindendo, in seguito, in orientamenti politici. Ma lei signora Fallaci, era oltre la politica, anzi, la disturbava il potere, condannava la tirannia, la irritava dover trattare alcuni argomenti calandoli in questioni politiche. Non le interessava piacere. Le importava poter essere libera e dire la verità al costo di apparire cattiva, crudele. Le bastavano poche parole e la sua sofisticata eleganza tagliente.
Lei, cara Fallaci, che si tolse il chador durante l’intervista a Khomeini, il leader della rivoluzione iraniana del 1979. Lei, che si prese i colpi di mitraglietta durante uno degli scontri armati tra polizia e militanti antigovernativi a Città del Messico. Lei, che da prima reporter donna aveva nello zaino le istruzioni scritte a mano di come far recapitare il suo corpo in ambasciata. Lei, che si mise contro l’Islam, l’immigrazione e i totalitarismi. Scrisse senza filtri, senza indorare la pillola, descrivendo guerra, morte e sangue esattamente come aveva visto.
Signora Fallaci ha conosciuto momenti storici che le hanno permesso di vivere nella concretezza delle vicende, a contatto diretto con la realtà. Ha toccato con mano la nudità della più cruda realtà, un po’ per destino, un po’ andandola a cercare. Ha avuto la fortuna di potersi confrontare con persone con le quali c’era il gusto di discutere, di ragionare, di scontrarsi. Persone che credevano visceralmente nelle proprie idee.
Per il modo in cui si sono sciolti e sgretolati i valori, avrebbe il ribrezzo nei confronti di gran parte del genere umano, delle dinamiche internazionali e della scena politica italiana. Proverebbe un profondo sconforto nel vedere la superficialità e l’indifferenza che si è impossessata dei più. Si immagini di ammirare uno sconsolato paesaggio senza orizzonte in cui sono state assorbite in un arido terreno crepato con radici essiccate, l’atto della riflessione e la voglia di pensare. Di tanto in tanto, giusto un’alito di speranza che rischiara il cielo e risana la mente di qualche fortunato.
La sua incessante ricerca di risposte, il suo coraggio e la sua determinazione di perseguire la verità in ogni sfaccettatura, sono stati di carattere fondamentale per cosa significa essere sobriamente orgogliosi di essere liberi di pensare e di esprimere se stessi. Il sobrio orgoglio di essere donna vera. Il sobrio orgoglio di amare la vita, ora che è tutto un osannare la morte senza dare alternative.
Duole doverle dire, però, che il suo nome è stato condannato dal giudice del politicamente corretto. Le sue idee sono state martoriate da un femminismo raccapricciante. Purtroppo, è vittima di un ostracismo culturale messo in atto dalla vigliaccheria, semplicemente per aver vissuto e lavorato senza tradire se stessa. Lei, che non ha mai strumentalizzato il suo essere donna, come non ha mai denigrato l’uomo. Al più lo faceva arrossire, denudandolo di ogni futile presunzione. Ha fatto il suo dovere fino alla fine, facendosi portatrice della verità anche se ingombrante e pericolosa.
Cara signora Fallaci, era controtendenza allo stato puro. Controtendente al pensiero unico e incombente perchè non era accecata dall’ideologia. Non un vassallo del potere ma determinato suo fronteggiatore di profonda dignità. Una donna di chiaroscuri, una donna inedita. La sua grande personalità capace di suscitare sentimenti estremi. “Solo chi si strazia nelle domande per trovare risposte, va avanti“, diceva. Il suo segreto per non stancarsi era essere apoteosi del dubbio.
Dalla guerra al sogno di toccare la Luna e la sofferenza della malattia che non le ha fatto dubitare di quanto fosse bello aver potuto vivere, anche, delle volte, nelle ingiustizie più crudeli. Avanguardista senza peli sulla lingua con il suo personale potere della retorica. La donna dell’oggettivamente corretto, narratrice di una giustizia nell’oggettività che solo in pochi riescono a cogliere.
Hanno provato ad ideologizzarla ma le sue battaglie e le sue opere sono troppo antisistematiche. La sinistra, prima la riteneva simbolo della Resistenza, ora la condanna per le sue prese di posizioni anti islamiche. Mentre, un certo tipo di destra la osanna per le medesime, dimenticandosi che lei era una liberale di stampo mazziniano, antifascista, che se sentisse come è stato svilito questo termine rabbrividirebbe, nonché vicina al Partito Radicale, e che, prima di attaccare il mondo islamico, aveva combattuto ferocemente per la legalizzazione di aborto e divorzio.
Ricordarla, nel dissenso o nel consenso, facendo risuonare il suo nome è vincere sul suono dell’assenza di coraggio, carisma, levatura intellettuale e morale che si propaga capillarmente da infame negli animi di scrittori, giornalisti e intellettuali. Dove e come si è smarrita la potenza della voce del quarto potere in grado di imporsi sull’attenzione pubblica? Perché non si è più abituati allo scontro e alla reazione? Cara signora Fallaci, talmente annientati e sottomessi che non esistono neanche più i suoi infervorati e fedeli detrattori.
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