Von der Leyen lancia Fitto, verso un disarmo bilanciato in Europa fra sinistra e un pezzo di destra?

La presidente della Commissione propone Raffaele Fitto con altri cinque vicepresidenti esecutivi. È un rebus il voto delle forze socialiste. Bocciare Fitto significa alzare un muro contro l’Italia e il governo, non si sa con quale beneficio. Votarlo significa allargare la maggioranza e nello stesso tempo mandare in tilt la narrazione di Meloni sul “mai con le sinistre”. Perché Fitto, per passare, ha assoluto bisogno del voto dei socialisti

Jean-François Paul de Gondi
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La presidente della Commissione ha riprodotto la maggioranza che l’ha eletta, scegliendo sei vice presidenti esecutivi: due socialisti (la spagnola Teresa Ribera e la rumena Roxana Mînzatu); due di Renew Europe (il macroniano francese Stéphane Sejourné e l’estone Kaja Kallas, sul libro nero di Putin); due del Ppe (la finlandese Henna Virkkunen, essendo già del Ppe von der Leyen); Raffaele Fitto, del gruppo dei conservatori Ecr, la cui presidente è Giorgia Meloni. Ora si apre la vera partita politica: può saltare Fitto, se la commissione che lo esamina dovesse ritenerlo inadeguato e in tal caso, si aprirebbe un contenzioso con l’Italia dagli esiti politicamente destabilizzanti. Oppure la commissione competente dà semaforo verde e a quel punto il Parlamento vota in blocco le nuove nomine. Fratelli d’Italia, a quel punto, non potrà votare contro il proprio commissario e neppure gli altri partiti. Il punto di domanda è: Meloni riuscirà a portare tutto il gruppo Ecr a votare insieme ai socialisti? Se così sarà, la svolta politica avrebbe ripercussioni anche in Italia.

Il Pd è combattuto al suo interno. Ma dopo le parole del presidente Mattarella dell’altro ieri sull’importanza e utilità che tutte le forze politiche italiane nel Parlamento europeo votino compatte per Fitto, è difficile per Elly Schlein immaginare un voto contrario al solo scopo di non irritare Giuseppe Conte, sparato sul voto contrario.

Come in ogni mosaico, von der Leyen punta a mandare tutte le tessere al loro posto. La procedura è chiara: i vice presidenti hanno una delega, trattandosi anche di commissari. Quella di Fitto riguarda la Coesione territoriale, riforme, attuazione del Pnrr. Tutti i commissari e i vice presidenti dovranno presentarsi davanti alla rispettive commissioni competenti che giudicano l’idoneità di quel commissario a ricoprire quell’incarico specifico. Una volta ottenuto il via libera della Commissione, von der Leyen porterà la squadra al Parlamento europeo che dovrà ratificare quelle nomine e votarle in blocco. Insomma, i socialisti non potranno direnon votiamo Fitto”, e Meloni e l’Ecr non potranno rifiutarsi di votare i commissari socialisti perché risulterebbe bocciato anche Fitto. In sintesi, il muro fra destra e sinistra tanto ostinatamente tenuto in piedi in Italia, potrebbe cadere definitivamente in Europa. Si avrebbe così un “disarmo bilanciato”, espressione usata dalle diplomazie negli anni ‘80 al tempo delle trattative Salt I e Salt II fra Stati Uniti e Urss, con il risultato di una reciproca legittimazione. Si tratta, è ovvio, di una sfida tutta aperta. Per Meloni, che dovrà convincere il resto del gruppo Ecr, per Schlein che dovrebbe assumersi l’onere terribile di bocciare, con il candidato del governo italiano, i due commissari socialisti. Salvini potrà votare contro Fitto, espressione del governo di cui fa parte, pur non avendo, come Meloni, votato la von der Leyen presidente? La politica è creatività, certo, ma sono le procedure del Parlamento europeo che sono state elaborate proprio per prevenire divaricazioni o contrasti insanabili. E a quelle procedure devono tutti pagare un prezzo politico.

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