D’accordo: Kamala Harris ha sovrastato Donald Trump nel primo, e forse unico dibattito televisivo, perché il tycoon vorrà pensarci bene prima di offrirsi in pasto all’ironia sferzante della sua avversaria. Però l’ultimo degli errori sarebbe scambiare una buona performance dialettica come premessa della sicura vittoria elettorale.
Questo lo sanno entrambi, Trump e Harris, questo lo sperimentò a sue spese Hillary Clinton, sfidante di Trump nel 2016: lo incenerì con battute taglienti, lo inchiodò al suo misoginismo e al disprezzo per il sesso femminile. Dalle urne uscì un verdetto inappellabile, favorevole a Trump per una manciata di voti negli Stati chiave.
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Trump ha rinunciato a interpretare se stesso. Ha evitato il comportamento contumelioso che gli è abituale quando si trova di fronte a un avversario e ha scelto di adeguarsi alle buone maniere. Una trappola per chi ha nell’irruenza del carattere e nell’irriverenza del linguaggio i suoi punti di forza, le qualità seduttive capaci di incendiare l’animo dei suoi sostenitori. Colpire con i guantoni fa male, ma sferrare colpi a mani nude fa molto peggio, a chi li riceve e un po’ a chi li porta. Ha colpito, in particolare, la vaghezza dei programmi annunciati nei titoli ma mai sviluppati nelle argomentazioni. Affermare che una volta eletto “parlerei con Putin e Zelenski” e la guerra cesserebbe in pochi giorni è un ottimo proposito ma è difficile immaginare che esso abbia catturato l’attenzione e i favori degli elettori incerti. Sono affermazioni che strappano l’applauso di chi ha già deciso il voto per Trump “a prescindere”.
Per dire, provoca il sorriso negli elettori smaliziati il Trump che denuncia l’ondata di immigrati che invadono le strade e finiscono per cibarsi di cani e gatti. Si sorride, noi, giusto? Ma se proviamo a pensare a quei milioni di americani proprietari di un cane e un gatto la cosa apparirà meno ridicola. Harris ha ironizzato senza mai essere irridente. Andrew Spannaus, giornalista e analista politico disincantato, ha concesso a Trump di aver dato risposte efficaci sull’economia, non troppo diverse da quelle di Kamala. Ha invece liquidato come ridicole le affermazioni sugli immigrati che si cibano di cani e gatti. A giudizio di Spannaus la vittoria di Harris è stata netta, ma non schiacciante. Una conferma in questo senso è venuta da sondaggi veloci, e perciò con una fragile base statistica, condotti dal New York Times che ha interpellato 25 elettori in ciascuno degli Stati in bilico. Il vantaggio di Harris è quasi irrisorio mentre rimarrebbe elevato il numero degli elettori incerti.
Va anche detto che dibattiti come quello organizzato ieri a Philadelphia dalla rete Abc hanno un valore dal lato spettacolare mentre i contenuti politici rimangono in secondo piano. Il pubblico può farsi un’idea sul temperamento, sulla prontezza e sulla velocità di risposte dei duellanti. Sotto questo aspetto Harris è stata brava a conservare un’allure presidenziale costringendo Trump a rinunciare ai suoi atteggiamenti guasconi e alle smargiassate che tanto piacciono ai suoi fans.
Più di tante considerazioni, il termometro di come sia andato il dibattito si trova nell’irritazione manifestata dall’ex presidente contro i conduttori del programma, accusati entrambi di aver passato ad Harris le domande prima dell’inizio. Ecco, è forse questa la misura migliore per capire da che parte è caduto il piatto della bilancia. Al punto che lo staff di The Donald vuole ponderare bene l’opportunità di un secondo dibattito.
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