Marmolada, la disperazione dei parenti: «Dovevano fermarli» 

Redazione
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L’avanzamento a rilento delle ricerche dei dispersi e il grande dolore per la perdita portano i familiari delle vittime all’esasperazione: «Perché nessuno li ha avvisati? E perché non usano gli strumenti più adatti per lo scavo?»

Sono passate più poco più di 48 ore dalla tragedia della Marmolada, in cui hanno perso la vita 7 persone. Si scava ancora fra i detriti per la ricerca degli ultimi dispersi mancanti all’appello, con la sempre più fioca speranza di trovare qualcuno ancora in vita

Attimi di disperazione quelli che legano le famiglie degli escursionisti del ghiacciaio, riunite tutte a Canazei dove è stato istituito il centro di controllo del Soccorso alpino. Fra uno stop ai lavori per maltempo e uno per il rischio di ulteriori crolli, inizia a farsi sentire l’esasperazione. 

«Se ci fosse stato un adeguato sistema di allerta mia sorella e mio cognato non sarebbero di certo saliti lassù. Erano una coppia esperta, non stiamo parlando di principianti. Voglio sapere di chi è la responsabilità», dice Debora Campagnaro, sorella di Eria, 44 anni, ancora nell’elenco dei dispersi. La donna era salita in cima al ghiacciaio insieme al marito, Davide Minotti, 51 anni, la cui salma è già stata ritrovata. 

«Mio cognato era esperto, era una guida alpina. Se ci fosse stato un bollettino non sarebbe mai andato lasciando a casa due figli», continua Debora. Delusa poi dall’andamento delle ricerche, rese difficili anche dalla situazione meteo instabile, la sorella e cognata delle vittime si lascia andare a uno sfogo: «Mi chiedo poi dove sono le strumentazioni più specifiche per recupero i corpi. Parliamo di vite umane, mandiamo i droni ma dove sono i macchinari per perforare il ghiaccio? Se in Italia non li abbiamo chiediamoli alla Norvegia, alla Groenlandia. Erica magari è ancora viva».

Il punto sulle ricerche

Continuano a scavare gli uomini del Soccorso alpino e si fa il punto della giornata. Delle tredici persone ritenute disperse, otto sono state rintracciate sane e salve dalla compagnia dei carabinieri di Cavalese. 

Ancora cinque coloro che mancano all’appello, dunque, tutti di nazionalità italiana, di cui ancora non si ha notizia. Continua il difficile lavoro di identificazione delle sette vittime. Ne sono state ufficialmente riconosciute quattro, mentre altri due corpi sono ancora ignoti. Degli otto feriti, sette ancora sono ricoverati in ospedale e uno è stato dimesso. 

Individuati anche i proprietari delle vetture lasciate nel parcheggio all’inizio del sentiero: tutti i nominativi sono stati consegnati alle forze dell’ordine. Per motivi di sicurezza, invece, rimane ancora chiuso ogni accesso alla montagna: interdetto anche l’accesso all’area compresa fra Punta Serata e la Forcella Marmolada. 

Il presidente del Soccorso alpino ribadisce l’impegno nelle ricerche, che proseguono solamente tramite l’impiego dei droni per evitare di destabilizzare ulteriormente il fragile territorio. La priorità è, infatti, quella di salvaguardare l’incolumità degli operatori sul campo seppur col delicato rispetto delle vittime e dei loro famigliari. 

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