Il presidente americano Joe Biden ha deciso di prendere in mano la situazione e chiamare personalmente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. La necessità di una tregua è fondamentale per evitare un’escalation del conflitto, viste anche le intenzioni dell’Iran e di Hezbollah in Libano, che continuano a minacciare offensive nei confronti dello Stato di Israele. La situazione in Medio Oriente è tesissima e i timori occidentali potrebbero divenire realtà. Hamas non ha intenzione di accettare l’accordo presentato dai mediatori e accettato da Israele, perché troppo permissivo nei confronti della Nazione di Netanyahu.
Così ora spetta a Joe Biden riuscire a convincere il primo ministro israeliano a cedere in parte alle richieste dell’organizzazione terroristica, per il bene di tutti, Occidente compreso. Le pressioni operate da Anthony Blinken, segretario di Stato Usa, in visita a Tel Aviv nei giorni scorsi, sembravano aver avuto esito positivo, ma ora il presidente degli Stati Uniti dovrà chiedere “maggiore flessibilità“, affinché l’accordo possa essere finalmente siglato.
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Intanto, Iran ed Hezbollah hanno dato nuovamente inizio alle minacce nei confronti di Israele. Se lo Stato islamico iraniano ha optato per un periodo di stallo in occasione dei negoziati, ora il mancato accordo con Hamas ha riacceso la possibilità di un’offensiva. La morte di Ismail Haniyeh deve essere vendicata e l’Iran è pronta a colpire Israele “in modi che non sospetterebbero“. L’unico modo per evitare che un attacco del genere si verifichi è fare in modo che Israele e Hamas trovino un accordo.
Medio Oriente, Sinwar chiede garanzie per la sua vita
Il nodo cruciale che non permetterebbe agli accordi di essere siglati riguarda la volontà di Israele di non abbandonare i territori del valico di Rafah, del corridoio di Filadelfia e del Natzarim. Aree fondamentali per il rifornimento dello Striscia di Gaza e su cui Hamas vorrebbe riavere il controllo. Lo Stato ebraico, quindi, non avrebbe accettato di dover ritirare integralmente le proprie truppe dal territorio palestinese, di fatto non rispettando parte delle richieste di Hamas.
Così l’organizzazione terroristica ha deciso di non prendere parte ai negoziati di Doha né a quelli di oggi e domani a Il Cairo. Sembrerebbe però che oggi un piccolo spiraglio di speranza si sia parto: il leader di Hamas, Yayha Sinwar ha chiesto tramite emissari egiziani “garanzie per la sua vita” nel caso in cui l’accordo venisse accettato. Il leader dell’organizzazione palestinese vuole rimanere in vita e soprattutto avere protezione contro Israele.
Nuovi attacchi di Hezbollah
La situazione in Medio Oriente è aggravata dai nuovi attacchi di Hezbollah. Nelle ultime 24 ore sono stati lanciati 180 razzi nel nord di Israele, e circa 1100 nell’ultimo mese. Le tensioni sul territorio non sembrano scemare e a pagarne le conseguenze sono i residenti che hanno deciso di non fuggire. Tra le cittadine bersagliate dagli attacchi c’è Katzrin, sulle alture del Golan, in cui un uomo è stato ferito e circa 30 persone sono rimaste senza un’abitazione.
La risposta dello Stato ebraico non si è fatta attendere ed ha colpito Sidone Khalil el-Moqdah, fratello di Mounir, un comandante delle brigate dei Martiri di Al-Aqsa, che secondo l’Idf operava anche sotto ordine di Hezbollah e del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche iraniane.
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